Una tavola rotonda sul Jobs- Act e sulle conseguenze sul lavoro

Con il Jobs-act si è introdotto il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Il cuore del provvedimento risiede nel superamento della tutela reale, cioè la sostituzione del reintegro previsto dall’articolo 18, con l’introduzione di indennizzi di licenziamento proporzionali all’anzianità del lavoratore. Infatti sono aumentati i licenziamenti sia disciplinari che collettivi. Questo Il tema della tavola rotonda che ha visto la partecipazione del Sindacato, con il segretario generale della Camera del lavoro dr. Giuseppe Scifo; l’imprenditoria, con il presidente della Confindustria Ragusa, ing. Tonino Taverniti e la politica, con il sen. Gianni Battaglia.
Un’iniziativa organizzata dall’Osservatorio interpartitico alla pari opportunità della Sicilia la presidente l’avv. Claudia Parrino, dopo avere ringraziato gli ospiti, ha colto l’opportunità per sottolineare come l’Osservatorio, attivo già da qualche anno, ha sempre avuto come obiettivo quello di affrontare le problematiche della società.
Il dr. Gianni Molè ha moderato l’interessante e vivace dibattito, partendo dalla politica chiedendo a Gianni Battaglia un giudizio sulla riforma, mettendo in luce gli aspetti positivi e negativi.
Battaglia ha criticato gli interventi in materia di mercato di lavoro a partire dal cosiddetto pacchetto Treu, le leggi successivi fino al Jobs-act. «Gli effetti della riforma, infatti, non hanno aumentato i posti di lavoro, specie quelli qualificati, di contro è diminuito il potere di acquisto di salari e stipendi, sono diminuiti i diritti e le tutele ed è cresciuta la precarietà e quindi l’insicurezza di un futuro. Tra l’altro – ha aggiunto – ha consumato senza effetti corrispondenti da 11 a 14 miliardi di euro che se spesi per sostenere un piano di infrastrutture, ricerca, istruzione e innovazione avrebbe creato le condizioni strutturali per un rilancio della crescita che rappresenta l’unica vera condizione per incrementare l’occupazione. Va ancora sottolineato che l’approccio è sbagliato perché si è pensato che intervenendo per introdurre elementi di “flessibilità”, in entrata e in uscita, fosse condizione sufficiente per incentivare l’occupazione.»
Nell’intervento di Taverniti è emerso che è prematuro fare un bilancio sul jobs-act: «tuttavia va detto che un aspetto evidente di questa riforma è quello di avere trasformato una parte dei contratti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato senza avere creato molti nuovi posti di lavoro. Inoltre se l’imprenditore non ha bisogno della prestazione di un lavoratore non lo assumerà nonostante gli incentivi. Taverniti ha anche parlato dell’art. 18 ricordando che non ha mai rappresentato per l’imprenditore un vincolo se non quando l’azienda ha problemi di natura economica.
D’accordo con gli interventi che lo hanno preceduto Scifo ha puntato il dito sul fatto che il jobs-act non ha creato posti di lavoro bensì ha prodotto più precariato rendendo la vita e il futuro più incerti. Scifo ha sottolineato che «il jobs-act ha introdotto il contratto a tutele crescenti, di fatto si tratta di contratti con una drastica riduzione dei diritti per i lavoratori il che comporta un ulteriore aggravamento della condizione di precarietà. Rispetto all’obbiettivo di avere più contratti a tempo indeterminato abbiamo assistito nel 2016 all’ulteriore fallimento con un crollo dei contratti del 36%.»

di Redazione31 Mar 2017 17:03
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