La polizia individua altri 7 scafisti, per la prima volta sono libici

Dopo una lunga notte di indagini,la polizia ha fermato 7 scafisti responsabili dello sbarco a Pozzallo di 276 migranti di varie nazionalità, soccorsi il pomeriggio di giovedì 9 luglio a bordo di un barcone di circa 16 metri. Gli scafisti, tutti di origine libica e nati tra il 1985 e il 1993, avevano messo in piedi, con la complicità di altri soggetti in Libia, una vera e propria organizzazione criminale per l’immigrazione irregolare in Italia di extracomunitari. Il 9 luglio, considerate le precarie condizioni del barcone, era intervenuta in soccorso dei migranti la nave Chimera della marina militare, mettendo in salvo 267 uomini e nove donne, arrivati a Pozzallo il giorno successivo. Giunti in porto, immediatamente i migranti sono stati assistiti e ospitati nel centro di primo soccorso e accoglienza di Pozzallo. Immediatamente sono scattate le indagini per risalire agli scafisti: i poliziotti, appena saliti a bordo della nave soccorritrice, avevano notato che c’era qualcosa di diverso rispetto agli altri sbarchi: a bordo vi erano migranti provenienti da almeno 15 paesi diversi e tutti molto distanti tra loro, molti marocchini, tunisini ed un gruppo di libici che sin da subito destava sospetti.
Le indagini si sono concentrate sui cittadini nord africani, considerato statisticamente che la percentuale più alta di scafisti è proveniente dalla Tunisia e dall’Egitto: dopo alcuni tentativi di sviare le indagini da parte dei migranti che, con molta probabilità, erano stati minacciati e quindi obbligati a fornire versioni di pura fantasia, gli investigatori hanno trovato dei passeggeri sinceri e collaborativi. La paura di rendere confessione era più che giustificata, visto che l’equipaggio durante la traversata era armato di coltelli e cacciaviti. “Quando qualcuno di noi si alzava per provare a trovare una posizione più comoda – hanno raccontato i migranti – veniva subito minacciato con il coltello; ho visto un libico che puntava il coltello alla gola di un siriano che voleva mettersi accanto alla sua famiglia; erano tutti armati e ci dicevano di non muoverci per non fare affondare la barca fatiscente sulla quale viaggiavamo; quando è passato un elicottero sopra noi, hanno costretto un pakistano e mettersi al timone ma lui non c’entra nulla”.
Dopo ore di tentativi, il comandante dell’equipaggio ha confessato come aveva raggiunto l’accordo con i libici e la restante parte dell’equipaggio, raccontando che il pagamento sarebbe avvenuto una volta concluso il viaggio, quindi con la clausola ‘salvo arresto’. La somma pattuita era di tremila dollari ed un piccolo anticipo prima della partenza. Al termine delle dichiarazioni rese, visti i gravi indizi di colpevolezza, tutti e 7 gli indagati sono stati condotti in carcere e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria.
E’ la prima volta che viene individuato un equipaggio di libici che solitamente usano come scafisti cittadini di altre nazionalità.

di Redazione11 Lug 2015 12:07
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