Neanche la vicepresidenza ha scalfito il suo aplomb

Avremmo voluto raccontarvi qualcosa del Consiglio comunale, ma è estate, c’è caldo, inoltre ieri sera si festeggiava pure il compleanno del porto di Marina di Ragusa ed i consiglieri, più o meno tacitamente, hanno deciso di andarsene altrove. Perciò vi raccontiamo un episodio che è accaduto durante l’ultima riunione del Consesso.

Parliamo della Zaara Federico. Durante le motivazioni di voto in merito all’istituzione di un capitolo di spesa, in favore di tutti quegli agricoltori e allevatori vittime dei furti di rame, la Federico ha sfoggiato, ancora una volta, le sue armi migliori: faccine, gesti e smorfie varie, per motivare il diniego dei Cinque stelle.

La rivalità è totale, lo sappiamo. È estetica, è politica, forse etica, di sicuro è partigiana. Quindi, la Federico, a nome dei Cinque stelle, non può permettersi di approvare o quanto meno discutere un ordine del giorno delle opposizioni, ancor meno se questo è stato presentato dalla Migliore, va da sé che la proposta va bocciata ed in modo eclatante. Ecco che la Federico si imbarca in una sfida titanica, quella dell’esegesi.

E così regolamento alla mano la consigliera spiega alla collega Migliore perché quell’ordine del giorno non può essere votato. Sono ben due gli articoli che stroncano le velleità degli allevatori, il n° 2 comma 3 ed il n° 21 del regolamento comunale per la concessione di sovvenzioni e contributi. Comma 3 dell’art. 2: “In casi particolari, adeguatamente motivati – legge la Zaara – l’attribuzione di interventi economici può essere disposta a favore di enti pubblici e privati, associazioni e cooperative … colpite da calamità od altri eventi eccezionali”. La lingua italiana vorrebbe, ma lo dico così su due piedi, che, tra gli eventi eccezionali, ma anche tra le calamità, rientrassero pure i furti di rame, ma non per la linguista Federico, che semplifica tutto sotto la categoria di calamità naturali. Per diradare qualsiasi dubbio ho consultato il vocabolario Treccani, secondo il quale calamità significa: “Disgrazia, sventura; si dice specificatamente di evento funesto che colpisca molte persone”. Ma la Federico fa altro nella vita e non perde tempo a sfogliare i dizionari e perciò corre subito all’art. 21 del medesimo regolamento, e con la sicumera che le riconosciamo, sottolinea “che anche in questo caso si parla di eventi calamitosi”. Perciò? Ma Lei è convinta di aver segnato un punto per i Cinque stelle e di aver inchiodato la Migliore proprio lì sulla lingua italiana. Si ferma, inizia a gongolare, oscillando da destra a sinistra, e con la manina inizia a disegnare delle strane volute nell’aria e così si rivolge al Segretario generale: “I furti di rame sono assimilabili alle calamità naturali?” Naturalmente no, consigliera, e non c’era bisogno di scomodare il Segretario in questa sua operazione esegetica o meglio di scomodarlo ponendo la questione in modo così banale. Se rileggesse con attenzione i due articoli, magari con l’ausilio del buon vecchio dizionario, scoprirebbe che lì si parla genericamente di calamità, nell’art. 21 tra parentesi, l’autore del regolamento, fa degli esempi, tra i quali: avversità atmosferiche, malattie del bestiame o delle piante, e guarda un po’, altre calamità!

di Redazione11 Lug 2014 09:07
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