Fondazione San Giovanni Battista. 110 tra richiedenti e titolari di protezione internazionale

La Fondazione “San Giovanni Battista” si conferma realtà impegnata in prima linea nell’accoglienza dei migranti. Di concerto con il Ministero dell’Interno, la rete Sprar e le autorità locali, già dalla scorsa notte, sono stati trasferiti 35 richiedenti protezione internazionale giunti nella provincia iblea da Lampedusa, attraverso lo scalo di Porto Empedocle. Li ha accolti la Fondazione “San Giovanni Battista”, nell’ambito dell’ampliamento dei progetti Sprar, aggiungendoli ai 25 già presenti. I 60 cittadini stranieri sono attualmente ospiti delle strutture di Ragusa, Serracarcara e Canicarao. Oggi i richiedenti e titolari di protezione internazionale, donne uomini e bambini, tra presenze ordinarie e posti straordinari presi in carico dalla Fondazione “San Giovanni Battista” sono in tutto 110.
“La nostra realtà – spiega Tonino Solarino, presidente della Fondazione “San Giovanni Battista” – si conferma in grado di dare risposte adeguate alle esigenze dei migranti che raggiungono l’Italia perché in fuga da luoghi in guerra e da persecuzioni. La loro presenza non ha mai arrecato alcun disagio al territorio ibleo. Territorio che, anche attraverso le sue Istituzioni, ha sempre dimostrato grande maturità e spirito di fratellanza nell’accogliere uomini, donne, bambini in cerca di speranza”.
Il momento dell’accoglienza e quello successivo dell’integrazione richiedono in ogni caso grande professionalità e spirito di servizio.
“La nostra – prosegue Solarino – è un’esperienza che parte da lontano con l’apertura nel 2001 del primo centro di accoglienza per richiedenti asilo a Ragusa. In questo lavoro occorre andare oltre le dinamiche dell’emergenza ed è possibile farlo solo attraverso un impegno serio, costante e strutturato di tante persone. La Fondazione “San Giovanni Battista”, in questo senso, si è sempre impegnata a gestire non solo l’accoglienza ma soprattutto la successiva e complessa fase dell’integrazione e dell’inserimento nel territorio. Lo facciamo mediante strutture attrezzate, il lavoro sinergico, personale qualificato e adeguatamente formato. La sfida che abbiamo raccolto in questi anni, e che riproponiamo nel quotidiano, è quella di riuscire a promuovere una cultura diffusa
dell’accoglienza, capace di andare al di là dello stesso concetto cristiano, e che abbracci valori universali”.