La guerra interna del PD

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Un congresso dovrebbe essere l’occasione per presentare all’opinione pubblica e ai potenziali elettori (non solo agli iscritti) un programma chiaro per il governo della Regione e una leadership inclusiva e condivisa.  Invece, quello che è accaduto in questi giorni è servito solo a fare la conta Insomma mentre il popolo siciliano è disilluso e non va alle urne, di qualunque genere, il Partito Democratico siciliano impegnato in una guerra interna  è incapace di proporsi come una credibile alternativa al centrodestra, allontanando sempre più l’elettorato. Parliamo delle recenti divisioni che hanno raggiunto il culmine durante la stagione congressuale, conclusa con la riconferma del segretario uscente Anthony Barbagallo, unico candidato e in più scontri furiosi tra il gruppo parlamentare dell’ARS e la segreteria, una valanga di ricorsi agli organismi di garanzia – a loro volta contagiati dal clima di conflitto – e una serie di dimissioni.  Ma ora come abbiamo detto più volte nei nostri TG , proprio dopo l’elezione di Schininà a Ragusa, bisogna guardare al partito parlando agli   astensionisti e ai cittadini non schierati in modo credibile e unitario.
Non può bastare infatti sentirsi soddisfatti di avere una percentuale  pronta ad ogni occasione ma non in grado di far crescere il partito.  Gli impegni elettorali non sono vicinissimi ma neanche tanto lontani. Solo quando il gruppo dirigente, operando nel modo meno divisivo possibile,  riuscirà a riunire le diverse “anime” del partito si potrà fermarsi prima del baratro .

Ci sono momenti, e probabilmente siamo in uno di questi, in cui il legittimo dibattito sulle idee, che non dovrebbe mai trasformarsi in una distruttiva guerra tra fazioni, deve cedere il posto a uno sforzo collettivo.  Barbagallo però, no smentisce le difficoltà ma minimizza.

di Direttore05 Giu 2025 00:06
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