Commissione Trasparenza, l’imbarazzo di Tringali: irrituale l’elezione del presidente, ma i suoi hanno votato

Da qualche giorno il Consigliere comunale del Partito Democratico Mario D’Asta è presidente della Commissione Trasparenza del Comune di Ragusa. Il ruolo gli è stato affidato per elezione da parte dei membri della Commissione, operazione cui hanno partecipato pure i Consiglieri del gruppo M5S. Gli stessi che, però, hanno mal digerito l’accaduto perché il regolamento del Consiglio comunale prevede (art. 25, com. 3) che il presidente debba essere “scelto tra i membri della Commissione appartenenti ai gruppi di minoranza” e “designato congiuntamente dai Capi Gruppo di minoranza”. Tuttavia, in caso di mancata designazione – se per esempio i gruppi non dovessero raggiungere una sintesi – tocca al Presidente del Consiglio “provvedere” a una scelta, da effettuare tra i Consiglieri di minoranza presenti in Commissione.

Ma andiamo per ordine: qualche giorno fa, passati i dieci giorni a disposizione dei capigruppo di minoranza per indicare un nome condiviso e appurato che erano due i “pretendenti” alla carica – Mario D’Asta del Partito Democratico e Alessandro Antoci del Movimento 5 Stelle – in uno stallo impossibile da risolvere, il Presidente del Consiglio comunale Fabrizio Ilardo, in uno slancio democratico e per assolvere al meglio la prerogativa dell’istituzione che rappresenta, ha preferito che la decisone fosse subordinata a una votazione informale da parte degli stessi componenti della Commissione. E così è stato: la votazione che si è svolta, seppure irrituale, ha sancito l’elezione di D’Asta e quindi la nomina da parte di Ilardo, motivata dalla maggioranza che sostiene il sindaco Cassì con un ragionamento semplicissimo e, a parer nostro, sacrosanto. Trattandosi la Commissione Trasparenza di un organo del Consiglio comunale che nell’espletare i propri poteri di controllo e vigilanza potrebbe trovarsi ad affrontare temi riguardanti la precedente Amministrazione, cioè quella guidata dal Movimento 5 Stelle fino a pochi mesi fa, la maggioranza ha preferito votare tra i due in lizza per chi non appartiene a quel movimento, sollevando l’altro da un eventuale conflitto d’interessi. Riflessione più che sensata, dicevamo.

Eppure, ecco i mal di pancia, tardivi, del Movimento 5 Stelle: mentre D’Asta, con una nota alla stampa arrivata poche ore dopo l’elezione/nomina, si è affrettato a ringraziare i colleghi che lo hanno votato e il Presidente Ilardo, il giorno dopo i grillini (sempre a mezzo stampa) hanno gridato “all’inciucio”, denunciando ipotetici “accordi sottobanco” e il tradimento di “regole non scritte” secondo le quali la presidenza della Commissione sarebbe spettata a loro. Come se non bastasse, nel successivo Consiglio comunale, è stato lo stesso Antoci a prendere la parola e a far riferimento alla “forza dei numeri” del gruppo M5S che, essendo lista di minoranza sì, ma col maggior numero di Consiglieri e in virtù, quindi, di quelle regole non scritte citate poco prima, avrebbe avuto il diritto di occupare il ruolo con un proprio esponente, cioè lui. Una tesi facilmente confutabile perché se la Commissione Trasparenza è un organo di controllo e vigilanza appannaggio della minoranza, il ragionamento da fare sarebbe, piuttosto, quello di preferire la presidenza a favore di chi, nell’alveo delle opposizioni consiliari, si trova in una condizione di inferiorità numerica. Allora, a gridar forte avrebbe dovuto essere Gianni Iurato (Ragusa Prossima) componente della Commissione per il gruppo misto del quale, però, è capogruppo Giorgio Mirabella (Insieme). E francamente dubitiamo che Mirabella avrebbe potuto indicare Iurato quale presidente date le posizioni di partenza divergenti. La valutazione di Antoci, invece, avrebbe avuto maggior senso per l’elezione del Presidente del Consiglio comunale, scranno che in passato veniva offerto dai Consiglieri di maggioranza alla minoranza sia per tattica distensiva, sia per onorare con la seconda carica elettiva più importante della città quella percentuale di elettorato che non li aveva votati. Ma erano altri tempi e ancora non esisteva il Movimento 5 Stelle dove in ambito di sovvertimento delle regole politiche tradizionali sono dei maestri indiscussi. Sono contro la vecchia politica, ma quando si tratta di spartire poltrone ne invocano le regole non scritte. Contraddizioni evidenti, frutto dell’inesperienza e del voler apparire “diversi” rispetto al passato, pur volendo essere intimamente uguali.

Vito Scalogna e Fabrizio Ilardo

La verità è che i due Consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle si sono fatti “infinocchiare”: s’è svolta una votazione, considerata irrituale, e nonostante ciò hanno commesso l’errore di partecipare comunque alla votazione, legittimandola politicamente. Tanto più che non si è trattata di una vera e propria elezione, ma di un momento consultivo a vantaggio di Ilardo che ha “provveduto” così, come recita il regolamento, a nominare il presidente. Ed ecco che Antonio Tringali, precedente presidente del Consiglio comunale, candidato sindaco del M5S e in aula di diritto per essere arrivato secondo nella competizione per la carica di primo cittadino, non riesce a sopportare l’imbarazzo nato dal fatto che i suoi si sono fatti gabbare e s’appella al regolamento chiedendo l’autorevole intervento del Segretario generale del Comune per dirimere la questione. Vale la pena ricordare che anche senza la votazione e cioè se la decisione l’avesse presa Ilardo in autonomia nulla sarebbe cambiato e D’Asta sarebbe stato confermato presidente. Ma capiamo l’esigenza di Tringali: non può consentire che passi il messaggio che i suoi colleghi di gruppo e soprattutto il capogruppo Zaara Federico, ex vice presidente del Consiglio e chiamata a “trattare” per la Commissione Trasparenza, siano stati così ingenui da farsi fregare su questioni di regolamento. Infine si sa, quando si viene sconfitti su un campo, poi lo si cerca di cambiare, almeno per sviare l’attenzione dal dato eclatante. Come può Tringali chiedere al Segretario generale di fare chiarezza su una pratica “irrituale” alla quale però nessuno si è opposto al momento giusto, tantomeno chi avrebbe dovuto farlo? Con un po’ di imbarazzo, può.

Attendiamo dunque la risposta del dr. Scalogna per chiarire da un punto di vista normativo la faccenda, anche se presumiamo che il Segretario generale avvallerà l’operato di Ilardo. Immaginare che il Presidente del Consiglio comunale abbia operato senza aver prima ascoltato il Segretario generale è, a parer nostro, ipotesi assai remota.

di Leandro Papa14 Set 2018 13:09
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