Amministrative Ragusa. La comunicazione ai tempi del colera
Poveri politici in balìa dei comunicatori. E’ uno “spettacolo”, specie nelle campagne elettorali per le amministrative, vedere questi candidati costretti a spersonalizzarsi sino al punto di diventare una sorta di manichini di plastica nelle mani di improbabili registi, web desiner e spin doctor vari. Folgorati da una qualche lezioncina appresa chissà dove, obbligano i nostri futuri amministratori a incunearsi in quello strano tunnel, senza via d’uscita, che qualcuno si ostina ancora a chiamare comunicazione.
A volte sembra che l’obiettivo finale non sia tanto quello di accrescere l’appeal del committente o di mostrare il suo, i suoi lati migliori, ma piuttosto il perfetto contrario. Insomma è come se i pubblicitari della CocaCola decidessero, un giorno, di mostrarci quanto male faccia la mitica bevanda al nostro stomaco o quanto poco sia rispettosa la sua produzione nei confronti dei lavoratori e dei loro diritti. Certo, può essere una strategia mostrarci un candidato impacciato, esaltarne i suoi malus e costringerlo a vestire panni troppo grandi o troppo piccoli per le sue spalle, può essere. Quanto questa strategia, però, paghi a livello elettorale è tutto da dimostrare, un fatto è certo: tutto ciò ha un costo e non indifferente.
E così vediamo nascere come funghi dei siti web assolutamente inutili e non solo perché nulla dicono e nulla pubblicizzano del candidato e del suo movimento, ma anche perché nessuno si prende la briga di aggiornarli, senza parlare delle difficoltà che si ha nel trovarli, tanto sono ben nascosti tra le pieghe di internet. Un vero e proprio monumento alle cattedrali nel deserto.
Qualcuno poi un giono avrà la bontà di spiegarmi questo profluvio di aquile e ponti che foriscono in ogni lista. Sì certo, il legame col territorio, con la propria terra, con la nostra storia, con le tradizioni, ma c’erano dubbi? Caro politico sei candidato a Ragusa e se andrà bene dovrai amministrare Ragusa, mica Bagheria! Un consiglio a questo punto lo voglio dare: perché non mettere una bella provola al fianco del logo della vostra lista? Anche quella è cultura e tradizione.
Mi sfugge, inoltre, il motivo per i cui i nostri grafici hanno deciso di metter su questo spettacolo a metà tra il dadaismo e il kitsch. Perché il risultato finale di questa immane produzione grafico-politica è proprio questo. Loghi pieni di parole, colori sgargianti e immagini prese e appiccicate lì senza un senso, ma con l’unico risultato di far venire un gran mal di testa al malcapitato ossevatore. Ma questo è nulla, tutto ciò impallideisce e scompare dinnanzi alla realizzazione dei video promozionali, divenuti ormai tristemente di moda. Farà pure fico, ma per forza bisogna calcare le orme del buon Rondolino che constrinse il povero D’Alema a mettersi ai fornelli?
Quando per sfortuna ci imbattiamo in questi video promozionali non si può che solidarizzare con questi committenti, che quasi fanno tenerezza.
Costretti, come se avessero un fucile puntato, a stare lì, davanti ad un obiettivo, che li pietrifica. Lo vedi nei loro occhi, che sono tristi, spenti, privi di qualsiasi espressione, ma capaci, questo sì, di tradire il caos di emozoni che li sta investendo. Un turbinio che gela e immobilizza i loro corpi, che sembrano poggiati lì, su un tavolo o su un divanetto, quasi fossero parte del tutto. E invece no, peché in fondo ci sono quei leggerissimi movimenti del capo che ci ricordano che quella è una persona viva e vegeta. No, non sono movimenti volontari, è il corpo stesso che di sua sponte si ribella all’inesorabile maledizione del crampo del novello attore, e così prova a reagire. Sorvoliamo sui contenuti degli stessi. In fondo chi non si appassionerebbe ai ricordi melliflui di questo o quel candidato o se preferiscono la pancetta al guianciale nella carbonara o ancora se amano trascorrere le vacanze al mare o in montagna, ma i contenuti lo si sa non dipendono dai comunicatori, ma questa è un’altra storia.
L’elenco di questi strafalcioni potrebbe continuare ed esser più dettagliato, ma non è né il luogo né il momento. Di certo non consigliamo a nessuno di cambiare lavoro né di abbassare le pretese, ma solo di riuscire a contestualizzare la lezione e di adattare al committente l’insegnamento del guru della comunicazione a cui vi ispirate. Il packing va sempre pensato e realizzato non perdendo mai di vista il contenuto che andrà ad incartare. Insomma, non è detto che un abito d’alta moda, in quanto tale, possa vestire tutti i corpi, a volte è preferibile un pantalone largo e una semplice camicia, così si evita il ridicolo. Ma un consiglio lo voglio dare pure agli amici politici. Dovete essere bravi a stoppare, quando è il caso, la “fantasia” creativa dei vostri comunicatori. Più siete veri e spontanei, più risulterete credibili. Non è carnevale, parliamo solo di elezioni.