La Godot presenta le “Sedie”, un capolavoro del teatro dell’assurdo
Una rappresentazione capace di coinvolgere ed appassionare, con la giusta dose di pazzia ed un curioso senso di malinconia. Torna ad essere rappresentato a Ragusa “Le Sedie”, il capolavoro di Eugene Ionesco. La Compagnia G.o.D.o.T. replica dopo tre anni l’opera del grande drammaturgo del teatro dell’assurdo, proponendo un doppio appuntamento che chiude la decima stagione “Palchi Diversi”, precedendo i due spettacoli che a giugno coinvolgeranno gli attori dei laboratori junior e senior. Sul palco del teatro Ideal a Ragusa (ingresso da Piazza Libertà), venerdì 15 e sabato 16 maggio alle ore 21, protagonisti dello spettacolo saranno Federica Bisegna e Vittorio Bonaccorso. In scena anche Anita Pomario. La scenografia e la regia sono curate da Bonaccorso e i costumi dalla Bisegna.
“La ragione è la follia del più forte; la ragione del meno forte è follia”, come affermava lo stesso Ionesco. E proprio da questa massima, e con questa constatazione, è partito il regista nella messa in scena di un testo che risulta di un’attualità sconvolgente per il senso di alienazione che ne scaturisce.
Del resto “Le sedie” è un capolavoro che ha contrassegnato la storia del teatro, imponendo la forte poetica di un grande autore che ha voluto raccontare il vuoto che circonda l’uomo, la drammaticità di un’esistenza vana e grottesca, il paradosso di un’incomunicabilità del comunicabile, della stessa irrealtà del reale.
Commovente e ironica, l’opera scritta nel 1951 da Eugène Ionesco si trasforma in coinvolgente e suggestiva rappresentazione che sviscera la tragicità della vita evidenziandone i caratteri farseschi.
Due coniugi novantenni sono ogni sera impegnati a rappresentare la tragica farsa della loro stessa esistenza fatta di insuccessi e rimpianti. Unico sollievo le illusioni scaturite dall’abitudinario che scandisce il tempo, conferendogli una ingannevole condizione d’esistere. Una serata diversa dalle altre. Fanno il loro ingresso tanti ospiti, irreali, invisibili, resi concreti solo dalla presenza delle loro sedie. Il vecchio li ha convocati per renderli partecipi del proprio messaggio di salvezza, ma i due coniugi sono sopraffatti dal nulla e, con un drammatico epilogo, si arriva all’amara consapevolezza di un’ineffabilità dell’esistere e dell’incapacità di dare un senso alla vita dell’uomo. La produzione, che ha debuttato con grande successo nel 2012, riporta dunque in scena “Le sedie” con la volontà di offrire uno spettacolo decisamente fuori dagli schemi.
«Noi (i meno forti) siamo così bombardati da pubblicità, notizie, immagini, tutte allo stesso modo importanti – spiega il regista Bonaccorso – da non accorgerci che niente ha significato. Siamo circondati da “oratori muti” (i più forti) ma al tempo stesso petulanti, i quali si avvitano su se stessi pensando di essere portatori di “messaggi” fondamentali. Nell’atto unico di “Le sedie”, metafora della condizione umana, si assiste ad un’invasione di oggetti-materia oscura che prevaricano l’universo dell’uomo, restringendolo e soffocandolo progressivamente. Una sorta di nulla che riempie la vita dei due protagonisti, così come nella nostra epoca ci sommerge un niente di cui, apparentemente, non possiamo fare a meno. Due sono i modi per liberarsi definitivamente da questo vuoto: il suicidio o la follia. Il primo è conseguente alla seconda durante la quale ci si rinchiude nella gabbia della propria esistenza, sperando che nel ripetere ossessivamente un’azione si possano avere risultati diversi ogni volta che la si compie. E questa gabbia, sorta di involucro sepolcrale, la riempiamo di fantasmi per popolare il nostro immaginario. Per tale prigione, che ho ricavato dalle sedie stesse e nella quale i due vecchi rimangono vincolati, mi sono servito di un disegno scenico quanto più ordinato possibile. Avevo bisogno di giocare con il contrasto – prosegue Bonaccorso – così come Ionesco gioca con l’assenza-presenza. Ho immaginato di far scaturire tutta l’angoscia dei due personaggi da una sorta di ordine malato, un contrappunto al loro bizzarro dialogare. Come se alla fine della loro esistenza volessero invano mettere a posto i pensieri, ragionare sull’irragionevole. Così ho sfruttato la combinazione vettoriale del piano cartesiano: orizzontale, verticale, obliquo. Le prime due linee sono presenti rispettivamente nella seduta e nella spalliera delle sedie, la terza è presente nelle finestre e nella porta centrale. Quella orizzontale per me rappresenta il luogo, il reale, lo spazio, ciò che possiamo toccare e che ci da sicurezza; la verticale rappresenta il pensiero, le aspirazioni, l’irreale che invade la vita quando la vita non è più tale; quella obliqua rappresenta l’inevitabile, ciò che non si vorrebbe ma che, purtroppo, accade».
Il biglietto di ingresso allo spettacolo è € 10 (ridotto € 7 Studenti). Info e prenotazioni ai numeri 339.3234452 – 338.4920769, all’email info@compagniagodot.it o sul sito www.compagniagodot.it