Vittoria. La Guardia di Finanza sequestra beni per 30 milioni di euro
La Guardia di Finanza della Tenenza di Vittoria, coordinata dal Procuratore della Repubblica, Carmelo Petralia, ha sventato una cospicua truffa commessa ai danni dell’Erario, sequestrando 53 immobili, nr. 1 conto corrente e svariati milioni di euro in crediti di imposta. I due responsabili dovranno rispondere dei reati di “Truffa aggravata ai danni dello Stato” e “Falsità commessa da privato in atto pubblico”.
L’indagine ha preso spunto da un’attività investigativa svolta dalle Fiamme Gialle su sette società con sede a Vittoria, riconducibili a due soggetti, un uomo ed una donna anch’essi vittoriesi.
Le attività svolte dalle società interessate sono diverse e varie: fornitura di servizi alle altre aziende, consulenza amministrativa, commercio all’ingrosso di frutta ed ortaggi, assistenza sociale residenziale, coltivazione di ortaggi in serra, villaggi turistici ed elaborazioni elettroniche di dati contabili.
L’anomalia rilevata nelle dichiarazioni dei redditi di tutte le aziende coinvolte, comprese le ditte individuali dei due indagati, riguardava l’enorme quantità di crediti Iva vantati nei confronti dell’Erario, pari ad oltre 29 milioni di euro.
Secondo gli investigatori, tali crediti sono stati illecitamente maturati, poiché creati simulando investimenti per circa 190 milioni di euro negli anni coperti dal “condono tombale” della Legge Finanziaria del 2003.
All’epoca i contribuenti che vi aderirono ottennero diversi benefici, tra cui quello della preclusione da ogni accertamento. In pratica l’Amministrazione Finanziaria, di fronte all’adesione di un contribuente al “condono tombale” non poteva svolgere i suoi controlli, né tantomeno avere accesso ai documenti fiscali relativi agli acquisti ed agli investimenti operati.
Infatti, nonostante le ripetute richieste fatte dall’Amministrazione Finanziaria ai due indagati di dimostrare in che modo avessero compiuto investimenti tali da maturare un così grande credito Iva, essi non hanno mai esibito nulla.
Le ditte coinvolte, in virtù di questi crediti nei confronti del Fisco, ormai da anni omettevano di versare le tasse ed in particolare l’Iva, utilizzando il meccanismo della c.d. “compensazione”. Questo procedimento consiste nell’utilizzare il credito vantato nei confronti dell’Erario per estinguere i debiti di imposta. Nel caso di specie, la compensazione veniva utilizzata in maniera sistematica per scontare le imposte da versare.
In sostanza tutti i soggetti economici riconducibili ai due indagati, pur non avendo mai esibito all’Amministrazione Finanziaria la documentazione contabile relativa agli acquisti ed investimenti operati nel 2001 e nel 2002, hanno ugualmente usufruito delle agevolazioni dei crediti d’imposta, omettendo il versamento delle imposte dovute nelle casse dello Stato.
Dunque, nonostante i crediti di imposta siano stati, a dire degli indagati, maturati più di dieci anni fa, hanno tuttora un elevato grado di pericolosità fiscale, poiché essendo riportati di anno in anno sulle dichiarazioni dei redditi (condizione fondamentale per poterne usufruire) sono immediatamente utilizzabili.
Per tale motivo, i due indagati dovranno rispondere anche del reato di “falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico”, ovvero per aver inserito false attestazioni nelle dichiarazioni annuali dei redditi, al fine di trarre un vantaggio fiscale: il non versare le tasse e le imposte dovute.
I finanzieri della locale Tenenza, sotto le direttive impartite personalmente dal Procuratore Capo Carmelo Petralia, hanno smontato una frode fiscale particolarmente complessa. L’indagine che ha condotto all’operazione “Amnesty” è durata circa un anno.
Il sequestro nei confronti dei due indagati, disposto dal G.I.P. di Ragusa Dott. Claudio MAGGIONI per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, ha riguardato 24 fabbricati, 29 terreni, 75.000 euro circa in contanti e 29 milioni di euro circa di crediti Iva ritenuti non spettanti.