La democrazia, questa sconosciuta

Ancora una volta l’Italia si mostra refrattaria alla democrazia. A questo strano istituto di cui tutti parlano, a cui tutti inneggiano, ma da tutti fuggito come se fosse una pestilenza. Naturalmente anche Ragusa non fa eccezione.
Sono i recenti fatti di cronaca a ricordarcelo. L’idea di indire un referendum popolare per chiedere ai ragusani se vogliono o meno il teatro La Concordia e quindi togliere le castagne dal fuoco all’amministrazione, non a tutti è piaciuta. Anzi ha risvegliato appetiti ed egoismi tutt’altro che comprensibili.
Questi critici, piuttosto che richiamarsi ad una tragedia immane come fu la Grande Guerra, proprio l’anno in cui ricade il triste centenario, dovrebbero aver chiara la volontà dell’Amministrazione sul teatro La Concordia o ex cinema Marino che dir si voglia, una volontà, tra l’altro, più volte espressa ed in modo assolutamente chiaro ed inequivocabile.

Comprendiamo che questa iniziativa ha creato più di un mal di pancia, specie a chi sino a ieri era riconosciuto, a torto o a ragione, come il paladino del teatro La Concordia. Risentimento, certo, rabbia e fastidio, a tal punto da dover ricordare che la propria azione è stata “condotta col sangue nella silente Ragusa”, ancora la metafora bellica, poveri caduti.

Forse i cittadini ragusani non sono maturi per decidere su una questione così delicata come il Teatro La Concordia, meglio le 1300 firme consapevoli e grondanti di sangue, “che la volontà di circa 30 mila persone. Insomma: una maggioranza informata ed illuminata è preferibile sempre all’isteria ignorante del volgo bigotto. Stiamo scherzando è ovvio e per questo vogliamo lasciarci alle spalle la propaganda propria degli inizi del secolo scorso e tuffarci finalmente nel XXI secolo e provare a “risolvere il problema”, visto che l’Amministrazione pentastellata lo ha creato. Risolverlo, però, senza inficiare la bontà dell’iniziativa con questioni tutte da dimostrare. La validità, infatti, della proposta, esula sia dalle lungaggini burocratiche proprie dell’istituto del referendum (sono trascorsi già ben 17 anni), sia dagli esosi costi che comporterebbe indire un referendum.
Piuttosto che morire di personalismi sarebbe, forse, il caso di far fronte comune, magari richiamandosi alla celebre massima de Il Principe, “il fine giustifica i mezzi”.

di Redazione12 Dic 2014 20:12
Pubblicità