Abbigliamento in Consiglio Comunale, Dipasquale ci ha risposto. Però…
Riceviamo e pubblichiamo la lettera che ci ha mandato il consigliere Salvatore Dipasquale in risposta al nostro articolo che lo riguardava in merito all’abbigliamento con il quale ha partecipato ai lavori del Consiglio Comunale di Ragusa la settimana scorsa.
Il sottoscritto, tuttavia, si è sentito in obbligo di rispondere a sua volta per chiarire alcuni punti che, evidentemente, il consigliere Dipasquale si ostina a non voler prendere in considerazione.
Intanto ecco la nota di Dipasquale:
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Ho preso qualche giorno di tempo per commentare l’articolo (se tale può definirsi) pubblicato da Rete Iblea, che, evidentemente in cerca di qualche facile click, ha ritenuto di seguire i lavori del Consiglio comunale per dare dignità di notizia non al dibattito e alle decisioni prese per la città, bensì ai miei pantaloni.
Ho pensato se questa scelta meritasse una querela, come peraltro la meriterebbe per il tono di spregio usato nei miei confronti, o se solo una grossa risata alla “Non ti curar di loro ma guarda e passa”: alla fine ho pensato che merita invece qualche ragionata puntualizzazione.
Premesso che non ho proprio intenzione di accettare lezioni di “dress code” da parte di commentatori (non certo giornalisti) che peraltro non mi risultano esperti in materia (o almeno, a giudicare dalle apparenze come sono abituati a fare loro, non forniscono proprio elementi per immaginarlo), mi azzardo invece a dire che preferisco avere (e ostentare) l’aria del Boyscout (con i valori di impegno sociale e rispetto per gli altri che essere un Boyscout comporta) piuttosto che darmi arie da politicante o (peggio) da gossipparo saccente.
Quel giorno, affinché i lettori di questo giornale lo sappiano, ho finito di lavorare e mi sono precipitato in Consiglio comunale: l’impegno, l’attenzione e la dedizione che ognuno di noi mette nello svolgimento del proprio ruolo mi auguro che interessi ai cittadini più dei miei pantaloncini (o dei calzini di una collega consigliera, già oggetto di un simile scherno).
E mi viene da pensare che certe scenate a cui abbiamo assistito nel recente passato, da parte illustri colleghi in giacca e cravatta, hanno offeso l’istituzione molto più delle nostre magliette anni ’80. Ci sono in Sicilia sindaci che vanno in giro scalzi e stanno cambiando le cose. E a Ragusa ci sono un’amministrazione e un gruppo di maggioranza che alle cravatte e ai doppipetti preferisce le maniche arrotolate per mettere mano ai problemi e risolverli. Detto questo, mi scuso se il mio “indecoroso” aspetto può aver urtato la sensibilità di qualcuno. E ci vediamo al prossimo consiglio comunale per lanciare la nuova moda dell’estate!
Salvatore Dipasquale
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Gentile consigliere Dipasquale,
voglio tralasciare di affrontare qui una disquisizione ontologica su qual è la differenza tra fare il giornalista ed essere un giornalista, questione che, a quanto pare, le sta particolarmente a cuore. Purtroppo, anche volendo spiegarle al massimo delle mie possibilità la questione, la possibilità che si possa addivenire a un punto di incontro mi sembra assai remota. Mi limiterò a sottolineare, a suo vantaggio, una delle tante contraddizioni dell’ordinamento italiano che prevede di poter essere giornalisti solo dopo aver fatto i giornalisti. Va da sé che le due cose, eccettuato il banale adempimento burocratico dell’iscrizione all’albo, coincidono indissolubilmente. Chiarito questo punto e accettando che lei non si senta di dover essere “bacchettato” da chi all’albo dei giornalisti non è iscritto, mi corre l’obbligo di precisare, come ha fatto lei, alcune cose: ogni articolo che viene pubblicato su Reteiblea.it è supervisionato e autorizzato da una redazione composta da giornalisti professionisti e pubblicisti che vantano diversi anni di esperienza; il possessore di qualunque firma venga apposta in calce a un articolo su questo quotidiano online, a meno che non sia esplicitamente specificato, non parla mai a titolo personale ma a nome della testata che in quel momento rappresenta, dando voce, così, alla linea editoriale della stessa.
Ora, visto che lei sembra essere assai affezionato a questa argomentazione, inutilmente a mio personalissimo avviso, credo che vorrà almeno riflettere su quanto il sottoscritto ha da dirle.
Siamo ancora tra le precisazioni: l’articolo che la riguarda è inserito in modo inequivocabile sotto la categoria “Opinioni” del nostro giornale. E’ evidente che non si tratta di dover dare dignità di notizia a qualcosa, ma di esprimere rispetto a un fatto (la sua presenza in Consiglio Comunale con un determinato abbigliamento) un’opinione (quell’abbigliamento non è consono al luogo in cui si trovava). Opinione che, badi bene, è diritto costituzionale di ogni cittadino, con qualsiasi mezzo, in qualunque luogo.
Quello che secondo noi non le è chiaro è che non si è trattato di un attacco alla sua persona, ma alla pratica assai criticabile di non rispettare la dignità dei luoghi in cui si è chiamati a ricoprire cariche istituzionali. Come anche lei ha evidenziato, non è la prima volta che esprimiamo questo parere e, nelle altre occasioni, non è stato lei il destinatario della critica. Abbiamo biasimato fortemente non solo l’abbigliamento, ma anche il comportamento di chi in Consiglio Comunale mangia, beve, urla, sbraita, starnazza o si esprime con molta maleducazione.
Come giustamente dice lei, le scenate offerte da suoi colleghi in passato, seppur indossassero giacca e cravatta, non sono meno biasimabili dei suoi pantaloncini, anzi, concordo sul fatto che lo sono maggiormente, più di qualunque orribile maglietta sfoggiata in Consiglio Comunale. Ma questo non può farle da alibi. Non è che se tutti prima si comportavano male in giacca e cravatta allora, io che mi comporto meglio di loro, posso stare in pantaloncini. Non funziona così.
In più, ogni volta che entro in Consiglio Comunale osservo quell’aula che ha tutto l’aspetto di un “parlamento in miniatura” e le assicuro che non siamo i soli a ritenere che taluni consiglieri comunali non si rendano conto dell’importanza del luogo in cui si trovano.
Lei ha citato sindaci che in Sicilia vanno in giro scalzi cambiando le cose (?), suppongo si riferisse al sindaco di Messina Accorinti. Mi dispiace, ma sono costretto a dover rifiutare nettamente l’analogia: Accorinti ha creato un “personaggio”, il suo stile è parte integrante di un’intera filosofia delle istituzioni, mentre lei dice semplicemente di non aver avuto il tempo di potersi cambiare d’abito. Il che vuol dire che sì, sa benissimo che in Consiglio Comunale non si va in pantaloncini – posso testimoniare in effetti di averla vista in aula con un abbigliamento assai più decoroso – ma che per una volta ha pensato di potersi concedere una deroga: complici un po’ il caldo, un po’ la fretta, chi vuoi che se ne accorga? Noi.
E non perché siamo solamente dei rompiballe, ma perché riteniamo che le Istituzioni vadano rispettate sempre. A maggior ragione quando si ricopre dei ruoli istituzionali per i quali si viene pagati con un gettone di presenza di 63 € per seduta.
Fare il consigliere comunale, anche se si è stati eletti con 74 voti, per virtù di una legge elettorale probabilmente sbagliata, dato che si è retribuiti, equivale ad un lavoro e, in quanto tale, ha una sua dignità che si somma a quella insita nella carica istituzionale per la quale avete prestato giuramento e che per noi (e non solo per noi!) necessita non solo di un adeguato abito ma del rispetto di un certo habitus.
A tal proposito, chiudendo, la invito a leggere quanto ha scritto, il 9 marzo scorso, il presidente del Consiglio Comunale Giovanni Iacono appositamente interpellato sulla questione dal consigliere Mirabella:
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Preg.mo Consigliere Giorgio Mirabella
Gruppo Idee per Ragusa
Oggetto: Circolare su abbigliamento da indossare in Consiglio Comunale
Caro Consigliere,
in riscontro alla Sua nota del 5 marzo scorso di pari oggetto Le manifesto la mia totale condivisione della stessa.
Gli aspetti esteriori, ‘formali’ contribuiscono a dare decoro e rispetto ai luoghi Istituzionali, pertanto, è mio intendimento accogliere la Sua proposta.
A tal fine sentirò la conferenza dei capigruppo al fine della più larga condivisione e per la scelta dello ‘strumento’ – se deliberativo o, semplicemente, informativo – più appropriato.
Cordiali saluti.
Il Presidente del Consiglio Comunale
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Secondo me torneremo presto sulla faccenda.
Leandro Papa