Liberi consorzi: come dove e quando?
Questa mattina alle 10,30 il presidente del consiglio comunale di Ragusa ha riunito i colleghi di tutta la provincia per discutere sulle iniziative da intraprendere in relazione alle nuove leggi sui liberi consorzi. Intanto l’assessore Valenti ha preparato una bozza per l’istituzione dei consorzi. Quali sono le novità della riforma? Gestione del servizio idrico e dei rifiuti ai consorzi; liquidazione delle partecipate provinciale (200 circa), con l’eccezione degli aeroporti (Palermo, Catania, Trapani, Cosimo), con trasferimento del personale all’ente o settore di competenza; norme transitorie per il trasferimento delle competenze e delle funzioni; istituzioni di tre aree metropolitane (Palermo, Messina e Catania), con il commissariamento dei comuni limitrofi, che diventerebbero circoscrizioni comunali; creazione dei liberi consorzi con consiglio dei sindaci e consiglio dei comuni attraverso elezioni di secondo grado (cancellate le urne) e cariche a titolo gratuito. Quanti Consorzi e come verranno istituiti? Non meno di 150 mila abitanti e non piu’ di 500 mila, omogenieta’ e economica e territoriale (occhio al Pil). Quani consorzi? Nove, oltre le aree metropolitane. Eccezioni? Le Pelagie e le Eolie.
Le aree metropolitani “spingono” verso l’esterno l’istituzione di consorzi “a valle”, mentre c’e’ una tendenza, piu’ volte manifestata, a non togliere “la bandiera” ai capoluogo di provincia, che rimarrebbero comunque sede di libero consorzio. Significa, dunque, che lo spazio per nuovi consorzi si riduce a tre, a parte le Pelagie e le eolie.
La road map della riforma, tuttavia, potrebbe vedere allo start-up una norma di svuotamento delle competenze, con le norme transitorie, come ha fatto il governo nazionale all’indomani della bocciatura della Consulta.
Gli antiabolizionisti, tuttavia, sono in agguato. E preparano strategie di contenimento che potrebbero rivelarsi efficaci. Sono bipartisan (con una maggiore
Continuo a sostenere con forza la mia contrarietà alla abolizione delle province, che non porterà a dei veri risparmi, ma che diminuirà il livello di democrazia locale. non capisco perché il Presidente della Regione, così sensibile ai temi della democrazia e della partecipazione e controllo da parte dei cittadini nei confronti delle istituzioni, possa portare avanti una simile decisione. certo ci sono alcune città non capoluogo che premono in tal senso! ma in questo modo i costituendi consorzi di comuni aumenterebbero come numero rispetto alle attuali province e addio risparmio. Bisogna invece assegnare alle attuali province, magari riducendo il numero dei componenti dei consigli provinciali e delle giunte, i compiti che adesso svolgono gli ATO, i consorzi di bonifica, le Camere di commercio, ecc., che si sono dimostrati essere fallimentari ed inefficienti macchine mangiasoldi, peraltro amministrati da persone nominate dalla politica e non elette. Abolire le province significa diminuire ulteriormente il livello di “democrazia” esistente in Italia, senza un vero beneficio in termini di diminuzione delle spese. Inoltre contribuirà a rendere ancora più periferiche ed abbandonate le popolazioni ed i comuni più lontani. Bisogna salvaguardare il decentramento per salvaguardare le periferie e i cittadini.