Si tornerà alle urne per le Provinciali, ma c’è ancora tempo per la riforma
Il Presidente della Regione ha deciso che nel mese di Aprile (il 21 e il 22) si svolgeranno le amministrative, comunali e provinciali. Trattandosi di una decisione obbligata per quel che riguarda i Comuni, ci lascia stranamente perplessi la decisione che attiene gli Enti Provincia.
“Stranamente perplessi”, in verità, è di per sé un’espressione quantomeno anomala. Tuttavia non siamo del tutto in grado di comunicare il sentimento che proviamo.
Infatti, s’era fatto un gran parlare dell’intenzione di mettere mano alla riforma di questo tipo di governo, abbastanza da essere, da una parte, rassegnati all’idea di dover dire “addio” alla Provincia di Ragusa, ma, dall’altra, ci eravamo convinti che, nell’ottica della riorganizzazione e razionalizzazione della spesa pubblica, non sarebbe stato difficile trovare un metodo che coniugasse “risparmio” e “identità territoriale”.
Volendo stilare una classifica dei pro e dei contro a conseguenza di questa nuova, inaspettata, decisione e cominciando con i punti a favore, non possiamo che parlare di un aspetto banale, sì, eppure di una certa rilevanza: la anticipata cessazione del periodo di commissariamento alla Provincia di Ragusa – previsto inizialmente fino ad ottobre – ristabilendo con le elezioni la legittima aspettativa democratica dei cittadini che hanno vissuto la scelta del precedente Governatore come un’imposizione immotivata e prepotente. Alla luce delle notizie attuali, con senno di poi quindi, dobbiamo concordare con questa posizione, anche perché, noi per primi, avevamo creduto che la riforma non si sarebbe fatta. L’esperienza, da osservatori delle dinamiche interne a quest’isola, ci aveva fatto vedere bene.
Sempre tra i vantaggi, va inserito a pieno titolo il mantenimento delle caratteristiche identitarie in ogni area di Sicilia. Beneficio non di poco conto se decidiamo di tenere per vero il principio secondo il quale la città di Ragusa e gli altri 11 Comuni della Provincia sono quel che sono proprio grazie al fatto che le piccole dimensioni del nostro territorio e la coesione tra chi lo abita hanno consentito, negli anni (più di 80), di rendere la provincia iblea tra le più floride e produttive del Sud Italia.
Ancora, sempre tra i punti a favore, la possibilità che il nuovo governo provinciale, democraticamente eletto, potrà aggredire con miglior forza e con una strategia politica non imposta dall’alto le numerose questioni infrastrutturali che ci assillano: aeroporto di Comiso; autostrada Ragusa-Catania; completamento della Catania-Siracusa-Gela, solo per citarne alcune.
Unico punto dolente, invece, quello della spesa pubblica. Decidendo di mantenere le Province senza riforma, di fatto, sappiamo già che resteranno in piedi tutti quei carrozzoni statali/regionali dei quali, ormai, non si capisce più l’utilità pratica, ma solo quella politica, conveniente per cedere poltrone e posti di sottogoverno, da usare nelle trattative tra i partiti. La solita vecchia, fastidiosissima, abitudine della quale, francamente, faremmo volentieri a meno. E questo solo svantaggio pesa, almeno quanto i vantaggi elencati.
Istituto Autonomo per le Case Popolari, Consorzi di Bonifica, Aree di Sviluppo Industriale – a proposito, che fine a fatto il nuovo ente regionale? – Ispettorati di ogni natura o, ancora, tutti quegli enti i cui consigli di amministrazione sono composti in larga parte da nomine politiche, sono il vero morbo che affligge la nostra regione.
C’è, però, ancora tempo per individuare una cura. A norma di legge non sarà possibile affrontare l’ipotesi di una riforma a partire dai 45 giorni prima indetti per le elezioni. Il che vuol dire che da qui al 6 Marzo – se abbiamo fatto bene il conto – l’Assemblea Regionale Siciliana, se qualche deputato di buon cuore volesse occuparsene, potrebbe trattare la faccenda e magari fare in modo che le competenze degli enti succitati passassero alle province che hanno, nelle loro piante organiche, tutte le professionalità necessarie anche per quei temi.
Ecco, se nel brevissimo periodo qualcuno decidesse di mettere mano alla riforma, magari proprio nel modo che abbiamo descritto, passeremmo con facilità a definirci da “stranamente perplessi” a “pienamente soddisfatti”.