Consorzio Universitario: Commissario, ma chi gliel’ha fatto fare?

conf stampa ScarsoC’è andato giù duramente il sen. Giovanni Mauro nel criticare l’operato del Commissario Scarso sulla questione Consorzio Universitario. Ma al di là dello stabilire chi abbia ragione o torto – pare tra l’altro che l’avv. Scarso abbia fatto alcuni passi indietro – c’è un aspetto sollevato nella nota del senatore che è da valutare con attenzione. Un presidente della Provincia, legittimamente eletto, dovendo assumere una decisione sull’argomento, come avrebbe agito?
Lo sosteniamo da mesi, anzi, esattamente da 19 mesi: la gestione commissariale di un ente qualsiasi, privato del tutto dei suoi organi politici (naturalmente nel caso in cui sia concepito a monte come rappresentanza politica) costituisce un danno per il territorio in cui opera. E questo è il motivo per il quale, normalmente, i commissariamenti sono di altra natura, dovrebbero essere temporanei, con una scadenza conosciuta. Per dire: se un sindaco si dimette, arriva un commissario straordinario a gestire il Comune in attesa che vengano indette le elezioni. Evento più o meno programmabile in un certo lasso di tempo.
Quanto accade (ed accadrà ancora per un po’) alla Provincia Regionale di Ragusa, non solo è anomalo, ma è il tipico esempio di prevaricazione di poteri.
In un commissariamento ordinario, tornando all’esempio del sindaco che si dimette, l’attività del commissario, nominato dall’Assessorato agli Enti Locali, è monitorata dal Consiglio comunale e quindi la valenza dell’indicazione politica espressa con dalle elezioni non viene meno perché, in ogni caso, la maggioranza consiliare suggerisce o “agisce” sulle decisioni del temporaneo governo tecnico della città.
Alla Provincia Regionale di Ragusa, dove il presidente ed il Consiglio provinciale sono decaduti non solo perché in scadenza naturale (non è esattamente così, è una semplificazione), ma soprattutto per effetto di una legge regionale.
Sì certo, sappiamo che i lettori più attenti sono perfettamente a conoscenza di quanto accaduto, tuttavia rispolverare brevemente il susseguirsi dei fatti è utile alla costruzione di un determinato ragionamento. Dicevamo: questa legge regionale, la 7/2013, che istituiva i Liberi Consorzi di Comuni in sostituzione delle Province, imponeva che la gestione delle stesse, in attesa della riorganizzazione istituzionale, venisse tenuta da commissari.
Ebbene, i commissari in questione, privati dell’opera di controllo abitualmente svolta dal Consiglio provinciale, si sono trovati “soli al comando”, se non per i consigli dei dirigenti – fu lo stesso avv. Scarso a dichiarare che i suoi assessori sarebbero stati i dirigenti – che però hanno il difetto di essere dei burocrati. Intendiamoci, massima stima per il ruolo ricoperto da costoro, tuttavia nulla a che vedere con chi viene eletto. Il discrimine è l’interesse pubblico che l’eletto è chiamato a difendere o promuovere sulla base di un programma elettorale valutato dal cittadino che poi ha scelto con il suo voto a fronte dell’interesse dell’Ente stesso, regolato e tutelato dalla burocrazia che mai, però, viene sottoposta alla prova dell’elettorato.
A questo punto la domanda è la seguente: un commissario è un burocrate o un politico?
Abbiamo l’impressione, almeno a Ragusa, che il Commissario abbia agito molto più da burocrate, con le ovvie conseguenze del caso. Le carte, i documenti, i moduli, le delibere, i protocolli non hanno cuore. I conti, i numeri, i bilanci non ragionano, rispondono solo sulla base di opportunità di risultato, se è più o meno vantaggioso a livello economico ed in quel preciso momento seguire una decisione piuttosto che un’altra.
Eppure sappiamo che l’avv. Scarso un cuore ce l’ha eccome. Insomma, sulla questione del servizio di trasporto per i disabili avrebbe potuto barricarsi dietro la forza delle norme invece che scendere in strada ad incontrare le mamme di quei ragazzi impossibilitati per una carenza pubblica a frequentare le scuole.
Quindi ci chiediamo: ma chi gliel’ha fatto fare di occuparsi del Consorzio Universitario? Di avvicinarsi all’idea di dover intervenire su una questione così delicata come la presenza societaria dell’ente Provincia in quella che, di fatto, è una partecipata? Forse la necessità di dover risparmiare a tutti i costi. Ma, anche in questo caso, ci sembra una ragione un po’ tirata per i capelli. E’ una patata bollente che avrebbe potuto lasciare tranquillamente a chi nel futuro avrebbe dovuto occuparsi della Provincia, sia nel caso rimanesse tale che nella forma di Libero Consorzio di Comuni.
Sospettiamo, invece, che la maggior pressione nei suoi confronti sia giunta proprio da chi, dietro le carte ed i numeri, abbia pensato innanzitutto all’immediato, al benessere economico di chi lavora proprio all’interno dell’Ente.
E’ vero, in un’azienda, volendo osservare la Provincia come se lo fosse, si dovrebbe pensare prima ai propri dipendenti ed è un ragionamento legittimo e comprensibile. Però un’azienda deve saper anche investire. Ancora meglio, secondo noi, prima di prendere decisioni di una certa portata, sarebbe il caso di consultarsi bene non solo con chi guarda ai numeri, ma anche con chi ascolta la gente. In questo modo si fanno meno errori e difficilmente verrà da chiedersi “Ma chi gliel’ha fatto fare?”.

di Leandro Papa30 Dic 2013 21:12
Pubblicità

Privacy Preference Center