Le Province senza rappresentanza: Anomalia da risolvere
Ricevo dall’amico dott. Giancarlo Migliorisi questa nota sulla questione delle Province. Mi sento di condividerla in pieno e quindi mi fa piacere pubblicarla sul nostro giornale. Il problema della governace dei territori è molto grave ma spesso i politici prefeiscono tenere tutto sotto tono in modo da non fare pensare la gente. C’e anche chi spera di trarre giovamento da questa inerzia, dal punto di vista del proprio orgoglio, vantandosi di avere titoli roboanti ma del tutto inutili. Nella nota, considerata la grande preparazione in campo amministrativo del dott. Migliorisi che vanta una una lunga esperienza alla guida di uffici importanti, si fa preciso riferimento ad evidenti illegittimità che la Regione avrebbe dovuto sanare da tempo. Ecco la nota.
In Italia, la situazione politica sta subendo un cambiamento significativo, eppure in Sicilia persistono sei province che rimangono orfane di rappresentanza: Ragusa, Siracusa, Trapani, Agrigento, Enna e Caltanissetta. Questo scenario, per certi versi drammatico, contrasta nettamente con la dinamica evoluzione delle istituzioni locali nelle altre regioni italiane, dove si è visto un terreno fertile per un dialogo costruttivo e una gestione responsabile delle questioni pubbliche. In Sicilia, invece, assistiamo a una condizione che non è solo anomala, ma fortemente preoccupante e sintomatica di un malessere politico che perdura da troppo tempo.
Le province senza presidenti e senza consiglieri sono una chiara manifestazione della crisi della rappresentanza politica nel nostro territorio. I cittadini di queste province, privati della loro voce, si trovano costretti a subire le decisioni di commissari nominati dalla Regione. Queste figure, che non sono state elette democraticamente, spesso non hanno conoscenza delle specificità locali e delle reali necessità delle comunità che dovrebbero servire. È ormai offensivo per gli abitanti di questi territori vivere in un contesto in cui le loro prerogative vengono trascurate e le loro esigenze ignorate da un’amministrazione incontestata.
Per quanto riguarda le tre province siciliane—Catania, Messina e Palermo—la situazione è altrettanto complicata. La legge consente ai sindaci metropolitani di assumere quanto meno un doppio ruolo, esercitando contemporaneamente le funzioni di presidente della provincia. Tuttavia, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale nel dicembre 2021, è emerso che questa pratica risulta incostituzionale, non essendo il sindaco della città Metropolitana rappresentativo anche degli altri comuni non facenti parte dell’area metropolitana.
Risulta paradossale, inoltre, che dopo oltre dieci anni di commissariamento, il legislatore regionale non abbia ancora legiferato in merito. In un senso o in un altro.
La Regione Siciliana ha la facoltà di legiferare senza dover attendere la riforma Delrio a livello statale, così da eliminare le situazioni di incostituzionalità sorte nel frattempo. È possibile mantenere l’elezione di secondo grado, ma questa deve essere estesa a tutti gli organi di ciascun ente, comprese le città metropolitane. Al di là di quanto ci viene detto quotidianamente, la Regione potrebbe tornare al modello precedente al 1993, introducendo l’elezione diretta dei consigli, che a loro volta eleggerebbero i presidenti delle province. Inoltre, si potrebbe reintrodurre l’elezione simultanea e diretta sia dei consigli che dei presidenti provinciali. Tuttavia, ciò che non è ammissibile è il continuo rinvio delle decisioni e il commissariamento delle province. Questa stagnazione legislativa ha amplificato il senso di abbandono e disillusione tra i cittadini, privandoli di una vera rappresentanza politica e di decisioni significative per il loro futuro. In un periodo in cui la regione avrebbe dovuto ripensare e ristrutturare le proprie istituzioni, ci si è ritrovati a rincorrere situazioni di emergenza piuttosto che a impostare una visione strategica per un progresso democratico e sociale.
Questa situazione ha un impatto anche sulla crescita della classe politica locale. La scelta decennale di non votare a livello provinciale ha ridotto gli spazi di partecipazione per le giovani generazioni. Si è creata una classe politica ristretta che beneficia non solo di un sistema che non permette il rinnovamento, ma anche di un’assenza di competizione che consente agli attuali parlamentari regionali di rimanere in carica senza dover rendere conto dell’efficacia della loro azione.
Tutto ciò è non soltanto illegittimo ma sottrae all’intera Sicilia l’opportunità di esperienze significative di leadership e governance. I consigli provinciali, un tempo considerati una palestra per i politici emergenti, sono ora desertificati, privando il territorio di figure capaci di intraprendere il cammino verso un cambio di rotta necessario.
I cittadini siciliani meritano una rappresentanza adeguata e un governo attivo che faccia sentire le loro voci. È fondamentale restituire alle province la loro dignità e funzionalità, promuovendo elezioni regolari per i consigli provinciali che possano riflettere realmente le esigenze del territorio. Solo così sarà possibile riportare nelle mani dei cittadini un potere decisionale che tenga conto delle specificità locali.
Gli attuali disservizi e l’assenza di rappresentanza sono sintomi di un malessere più profondo che richiede un’immediata attenzione e azione da parte di tutte le istituzioni coinvolte. Non possiamo più permettere che il nostro futuro continui a essere deciso da commissari non eletti, mentre le potenzialità e le competenze locali rimangono inespresse. È giunto il momento di reclamare un vero cambiamento politico, in cui la partecipazione e il rinnovamento siano le parole d’ordine per ridare vita a un territorio che merita il massimo rispetto e attenzione.
La Sicilia ha bisogno di una nuova stagione politica, in cui tutti, dai piccoli comuni alle province, possano essere rappresentati e ascoltati. Solo ripristinando la democrazia a livello locale potremo sperare in un futuro dignitoso e prospero per tutti i siciliani.