Il pericolo plastica: le cose che non sappiamo!

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Leggendo i vari articoli apparsi nella giornata mondiale dell’ambiente ci si accorge che effettivamente la situazione è grave. Non c’è dubbio ma io non mi sento affatto colpevole e credo, come me, milioni di Italiani che coscientemente non si sognerebbero mai di buttare in mare un sacchetto con i propri rifiuti o la cassetta di plastica rimasta dopo aver consumato i pomodori acquistati al mercato ortofrutticolo. Non credo neanche di aver colpa per l’ozono, il gas serra  e i cicli geochimici che non so neanche cosa sono, come la la maggioranza degli italiani che hanno un buon rapporto con la loro terra. Eppure l’Italia risulta essere tra i peggiori Paesi inquinatori che si affacciano sul Mediterraneo. E’ indispensabile dunque agire dal punto di vista culturale cercando di individuare dove si perde la filiera della raccolta e intervenire pur tardivamente. In una intervista a Eva Alessi di WWF Italia si legge  che abbiamo superato la soglia di immissione di sostanze chimiche – come la plastica – e siamo talmente al di sopra di questo limite che è stata compromessa la capacità degli ecosistemi di fornire tutti quei servizi che sono indispensabili alla vita… “L’Italia sconta una serie di problematiche. Prima di tutto ha delle coste lunghissime e molto abitate tutto l’anno, ma che durante il periodo estivo diventa un flusso di persone imponente. Inoltre, insieme a tutti gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ha un problema di gestione dei rifiuti. Infine, siamo i secondi maggiori produttori di rifiuti plastici in Europa. Il Mediterraneo – insieme a soli altri tre luoghi del Pianeta – ha superato il limite massimo tollerabile di presenza di microplastiche. Il Mare Nostrum ha un altro triste primato: quello della più alta concentrazione di microfibre – soprattutto tessili – nei fondali marini mai registrata al mondo. Ne sono stati trovati 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato!” ( C’è una incredibile verità per questa scoperta  alla quale non credo si possa porre rimedio. Ndr)   Queste fibre, per la maggior parte, non derivano dagli scarichi industriali, ma da quelli urbani: sono i residui dei lavaggi in lavatrice dei nostri vestiti in fibra sintetica. Il recupero e la pulizia del mare è purtroppo impossibile”.  L’intervista continua: “Tutti gli animali soffrono la presenza della plastica. Di certo i pesci e gli animali marini in genere soffrono particolarmente. E’ infatti difficile trovare specie nel Mar Mediterraneo che non siano mai venute in contatto con la plastica. Pensiamo agli animali come i capodogli, i delfini o le tartarughe marine che si spiaggiano sulle nostre coste. Spesso nei loro stomaci sono stati trovati chili e chili di plastica: tubi per innaffiare, vasi dei fiori, flaconi di detersivo…Ma tutte le specie soffrono per la plastica. Sia perché possono ingerirla volontariamente – gli uccelli e le tartarughe marine confondono la plastica per delle prede – o accidentalmente, come quando i capidogli aprono la bocca per ingerire le prede (in genere i krill) ma così facendo ingeriscono anche grandi quantità di plastica”.  Un recente studio ha scoperto la presenza di microplastiche anche dentro il nostro corpo: nelle urine, nelle feci, nelle profondità polmonari e nel circolo sanguigno. Inoltre, le microplastiche riescono a superare anche la barriera placentare: dalla mamma possono arrivare al feto”.  E’ possibile liberarsi da tutto questo veleno?   Ecco la risposta:  La plastica è un materiale straordinario che ha cambiato la storia dell’umanità, in meglio. Ma ne stiamo producendo e utilizzando troppa. E’ infatti un materiale pensato per creare oggetti che durino per secoli. Invece, produciamo oggetti che hanno un ciclo di vita molto più breve, anche usa e getta. Pensiamo ad esempio agli imballaggi o al monouso. La strada maestra è dunque quella di abbassare la produzione e aumentare il riciclo. L’Italia è tra i Paesi virtuosi e tra i migliori in Europa nella raccolta differenziata. Questo ci fa onore, ma ci sono ancora delle dispersioni”. Ecco dunque la questione culturale. Il WWF propone tanti livelli di azione a seconda del ruolo che abbiamo nella società. Ai cittadini chiediamo di non usare la plastica non necessaria nella vita quotidiana (sacchetti, borracce, bicchieri, posate, contenitori…) e di sostituirla con materiali durevoli e biodegradabili, riutilizzabili più e più volte. Il secondo consiglio che diamo è quello di riciclare gli imballaggi in plastica e di non disperderli nell’ambiente o nell’indifferenziata. Questo è il ruolo che possono giocare i cittadini”. Ma anche il ruolo delle delle aziende è determinante. In primis eliminando anche loro tutti i materiali plastici difficilmente riciclabili. Non produrre o/e non utilizzare più prodotti non riciclabili: oggi ancora esistono e vengono utilizzati imballaggi non riciclabili. E’ necessario in questo puntare sull’innovazione e rendere ‘circolari’ tutti i prodotti che vengono prodotti”.  “A livello internazionale, serve un trattato globale. Continua  Eva Alessi di WWF Italia.  È terminata la settimana scorsa a Parigi la seconda sessione del comitato sulla ‘Plastic Pullotion’. La riunione è andata estremamente bene: erano presenti 175 Paesi che hanno votato all’unanimità la volontà di scrivere una ‘bozza zero’ del trattato globale per l’eliminazione dell’inquinamento da plastica entro il 2024. L’ultimo round dovrebbe giocarsi il prossimo novembre. L’obiettivo del futuro trattato mira a diminuire drasticamente la produzione globale annuale di plastica, che ha raggiunto i 460 milioni di tonnellate e che potrebbe triplicare entro il 2060. Il trattato e la sua messa in opera è dunque un passo cruciale”.
E’ giusto in conclusione dare anche alcune informazioni generali che fanno pensare .
Al Governo il WWF chiede una cosa semplice e fattibile anche nel breve periodo: di andare oltre il riciclo dei soli imballaggi e di estendere la raccolta differenziata a tutti i prodotti in plastica di largo consumo. Questo, allo scopo di far crescere l’economia circolare come valore condiviso. Pochi sanno che in Italia non si ricicla tutta la plastica, ma solo gli imballaggi, vale a dire quei contenitori che ci pemettono di trasportare le cose (saponi, cibo, bevande etc) dal supermercato a casa. Tutta la plastica riciclabile che non è un imballaggio, come i pettini, le posate, la sedia da giardino, i giocattoli, le parti del computer etc. anche se prodotti con materiale riciclabile, in Italia non viene riciclata ma buttata in discarica o bruciata nei termovalorizzatori. Questo vale anche per il vetro: in Italia si riciclano solo bottiglie e vasetti. Tutto il resto (bicchieri, piatti, specchi, vetri delle finestre o delle lampadine anche se prodotto con vetro riciclabile) va gettato in discarica e dunque non si ricicla. Per tale motivo, onde evitare sprechi, il WWF ha chiesto al Governo di estendere la raccolta differenziata a tutti gli oggetti di largo consumo. In modo che vengano prodotti per essere riciclati già in fase di progettazione; e poi vengano effettivamente riciclati e riutilizzati per la produzione di nuovi oggetti. Il riciclo salverà il Pianeta. E ognuno di noi può fare la differenza”.

di Direttore11 Giu 2023 17:06
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