Non è altro che un’espressione geografica.

Da qualche settimana il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, nella qualità di presidente del Distretto turistico del Sud-Est, è impegnato in una serie di incontri  istituzionali, superando i confini del proprio Comune, per far visita ad alcuni primi cittadini nelle provincie di Catania e Ragusa, tra le quali Caltagirone, Modica, Scicli, Ragusa e, nei giorni scorsi, Ispica, portando in dono la bandiera raffigurante il logo scelto dal consorzio stesso per la candidatura del Val di Noto a non si sa bene a quale competizione tra città.

Una bandiera “simbolo” che Bonfanti ha voluto offrire ai propri omologhi per quella che si potrebbe definire un’azione diplomatica e cioè riavviare e ravvivare il dialogo sulla partecipazione al distretto turistico in previsione della scadenza della sua vita sociale, programmata da statuto al 31 dicembre 2020. Lo scopo, quindi, è quello di mantenere in vita l’associazione cercando nuovi soci (come potrebbe esserlo il Comune di Ispica) oppure rinsaldando – o recuperando – i rapporti con i soci fondatori. Si parla di un ente che, negli anni, ha visto qualche defezione, come quella del Comune di Ragusa, e il contemporaneo tentativo della governance netina di essere guida dell’intero Sud-Est ponendo proprio Noto come capoluogo ideale del “Vallo” omonimo. Prova fallita, ad esempio, con la stessa candidatura del Val di Noto a Capitale Italiana della Cultura, rivelatasi un flop visto che il regolamento non permetteva candidature di squadra, tanto è vero che in ultimo – ma probabilmente era questo il fine reale – il dossier se l’era intestato la sola Noto, quale capofila, ma senza riuscire a rientrare neanche nella rosa delle città tra le quali il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo designò, poi, Parma.

In ogni modo, fatta eccezione per questo episodio definito “troppo innovativo” anche per i suoi fautori, dalla data della sua nascita (2012) il Distretto non ha brillato. Basta dare un’occhiata al suo sito Internet – http://www.distrettoturisticosudest.com – per rendersene conto: sembra essere “congelato” a uno stato embrionale e, a oggi, permette di visionare lo statuto del 2012, una sola determina risalente al 2016, il vecchio piano di gestione delle Città Tardo Barocche del Val di Noto (viene citato Fabio Granata come assessore regionale ai Beni Culturali, 2004?) e i più recenti (2015) bandi per alcuni progetti a valere sui fondi europei PO FESR Sicilia 2007/2013 dei quali però non è dato sapere, almeno nel portale citato poco sopra, come siano andati.

Se l’attività del Distretto, dunque, sembra se non proprio cristallizzata quantomeno esigua, non lo è, invece, il fervore con il quale se ne parla: è sempre tra i primi pensieri del sindaco Bonfanti che, giustamente, utilizza l’associazione per consolidare la posizione egemonica del proprio Comune tra le Città tardo barocche del Val di Noto, sfruttando un equivoco ormai quasi ventennale secondo il quale il Comune di Noto sarebbe “capofila” delle otto città alle quali l’UNESCO ha conferito l’iscrizione tra i Patrimoni dell’Umanità.

Come abbiamo avuto modo di dire in altre occasioni, l’UNESCO in tutti i documenti relativi alla iscrizione delle “Città tardo barocche del Val di Noto” parla di “serial nomination” per intendere che si tratta di un unico provvedimento per molteplici siti ricadenti nella stessa area geografica, il Val di Noto appunto, e accomunati dalle stesse caratteristiche architettoniche e cioè la ricostruzione in stile tardo barocco dei centri abitati distrutti dal terremoto dell’11 gennaio 1693. Ma il Val di Noto non esiste, o meglio, non esiste più e con questa espressione si fa riferimento a un’antica suddivisione amministrativa della Sicilia, in vigore fino a due secoli fa, e nella quale la città di Noto non fu mai capitale del Vallo, ma lo fu Siracusa certamente e forse Modica come città più popolose e importanti, così come per il Vallo di Mazara la capitale non era Mazara, ma Palermo e per il Val Demone non era l’antichissima e altrettanto sconosciuta Demenna, ma Messina. Dunque, anche se l’UNESCO ha proceduto con un unico atto a iscrivere otto città nella World Heritage List, unico non è il territorio né la prescrizione diretta ai Comuni di dotarsi di piani di gestione ed uffici. Anzi, ogni Ente è caldamente invitato a istituire i propri.

L’equivoco, comunque, è comprensibile e, giustamente, è stato alimentato negli anni perché è servito a Noto per far parlare di sé. Serve adesso, però, cambiare passo ridiscutendo la governance del Distretto con una chiave di lettura e di azione diversa.

Si sente la carenza di un organismo in grado di coordinare la programmazione turistica dei territori, che sia collegiale e di comune intento. Lo facevano le Aziende Provinciali per il Turismo prima che Fabio Granata da assessore regionale al Turismo sotto Totò Cuffaro le “uccidesse” per far nascere i Distretti e lo potrebbe fare oggi il Distretto turistico del Sud-Est a patto che si lavori davvero nell’interesse collettivo e non per quello di una sola città.

Per questo ai sindaci delle città Patrimonio dell’Umanità presenti in provincia di Ragusa chiediamo di fare attenzione ai rapporti che si intendono portare avanti nei prossimi mesi, alla scadenza dell’associazione e in occasione del rinnovo. Il Comune di Ragusa, in particolare, deve prendere una decisione importantissima. Quattro anni fa, il 21 aprile del 2016 per l’esattezza, il Consiglio comunale di Ragusa infatti, con una propria determinazione, ha deciso di recedere dalla qualità di socio del Distretto. Per questo Bonfanti è passato anche da Palazzo dell’Aquila. Ma per Ragusa si aprono due strade possibili: guidare un’operazione di restaurazione del Distretto, ripensandone scopi e modalità, puntando soprattutto alla condivisione degli obiettivi e al coordinamento delle strategie di promozione e programmazione turistica impedendo ad altri di godere da soli del patrimonio di tutti. Oppure abbandonare completamente la via del Distretto turistico del Sud-Est, dove la componente siracusana è molto forte, e pensare ai propri affari con maggiore e migliore impegno di quanto fatto nel passato.

Alla luce di quanto successo in questi otto anni sembrerebbe molto più conveniente per il Comune concentrarsi nella pianificazione di strategie turistiche autonome, al limite concorrere a quelle provinciali, perché non sempre “l’unione fa la forza”, non è vero che promuovere l’intero territorio (in questo caso il cosiddetto “Val di Noto”) voglia dire portare più turisti nelle nostre strutture. Anzi, è molto probabile che pur dietro il dichiarato intento comune di promuovere l’intera area si celi la volontà di continuare a campare di rendita, come abbiamo visto, ai danni della comunità iblea. Virgilio, nell’Eneide, fa dire a Laocoonte “Timeo Danaos et dona ferentes” e cioè “Temo i Greci anche se portano doni” riferendosi al famigerato Cavallo lasciato sulla spiaggia difronte la città di Troia. Ora, vero è che Bonfanti ha portato in dono un’innocua bandiera, ma il sindaco Cassì stia in guardia, rifletta bene sul futuro, anche economico, della nostra città.

di Leandro Papa17 Lug 2020 14:07
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