Recensione “Le volpi d’acciaio” – Mario Barresi “La Sicilia”
In amore vince chi fugge. E anche in guerra. Talvolta. Ma quella degli incrociatori “Goeben” e “Breslau”, oltre a essere la fuga di due navi che cambierà la storia (della Prima guerra, dandole la dimensione di “mondiale”) è anche una leggendaria – eppure umanissima – odissea. Nel Mediterraneo. Dell’anima.
Riduttivo definirlo saggio storico, ingiusto chiamarlo racconto: quello di Gianni Papa, giornalista e scrittore ragusano, il libreria con Le volpi d’acciaio, è qualcosa di diverso. Di più. La sua viscerale passionaccia per la Storia e per le storie (balcaniche ed ebraiche, ma anche mitteleuropee e poi ancora rotaie e guerre..) gli concede il raro dono di entrare, e dunque di farci entrare, in una macchina del tempo. Per raccontare, come se fosse un reportage “dal nostro inviato” fatti di quasi cento anni fa. Ma niente selfie di guerra né cronachette in stile social.
E’ un inviato di altri tempi, in tempi antichi, da leggere ai nostri tempi.
Magari anche nelle scuole superiori, stupefacendo gli svogliati giovani che col semplice “googolare” non percepirebbero nemmeno il più vago sentore di quell’agosto 1914 sull’asse Messina-Costantinopoli. Tanto più che la anche storiografia classica ha quasi creato un cono d’ombra sulla vicenda dei due incrociatori tedeschi, inseguiti e braccati dalle flotte di Francia e d’Inghilterra. E dire che, al di là delle sanguinose suggestioni di Sarajevo, fu proprio la “corsa corsara” delle due “volpi d’acciaio” a innescare l’entrata in guerra dell’Impero Ottomano, dando al conflitto, fino ad allora confinato nelle cruente mura della vecchia Europa, una dimensione che oggi definiremmo globalizzata. E Papa, da par suo, riempie questo vuoto fino a farlo scoppiare.
I pensieri degli ammiragli, i “libretti delle manutenzioni”, i porti. E poi la sosta a Messina tra il 5 e 6 agosto per il rifornimento di carbone, chicca storica in contraddizione con la cosiddetta “versione Siracusa”. E le persone. Uomini, oltre che spettatori privilegiati in una cerebrale partita politica di scacchi. Nemmeno se l’avessero scritto loro, i protagonisti di quell’estate di paure e di speranze, l’avremmo vissuta così. Campo largo sulla Storia, telecamera (quasi) nascosta sulle storie. Con un posto in prima fila.
MA.B.