Ancora minacce per Paolo Borrometi e anche questa volta sono tantissimi gli attestati di solidarietà
Ancora minacce al giornalista Paolo Borrometi. Questa volta sono i mafiosi di Pachino, legati al clan dei Cappello di Catania, che, intercettati dalle microspie della Polizia, svelano il piano raccapricciante che stavano preparando contro il collaborate dell’Agenzia Agi.
“Scendono, scendono, scendono una decina… cinque, sei catanesi, macchine rubate, una casa in campagna”, a Pozzallo. “Succederà l’inferno”. “Picca n’avi”. “Quindici giorni, via, mattanza per tutti e se ne vanno”. E ancora: “Dobbiamo colpire a quello (Borrometi, ndr.). Bum, a terra. Devi colpire a questo, bum, a terra. E qua c’è un ioufocu (un fuoco d’artificio – ndr). Come era negli anni Novanta, in cui non si poteva camminare neanche a piedi”. I boss di Pachino sono dei pericolosi nostalgici. “Così, si dovrebbe fare”. E ancora: “Lo sai che ti dico? Ogni tanto un murticeddu vedi che serve… per dare una calmata a tutti. Un murticeddu, c’è bisogno, così si darebbero una calmata tutti gli sbarbatelli”.
Dichiarazioni agghiaccianti, che ci riportano indietro nel tempo, un tempo che speravamo di aver relegato per sempre in un lontano passato. E invece no, ancora c’è qualcuno che vorrebbe rivivere e far rivivere il periodo stragista. Qualcosa però è cambiato. Forse la mafia stessa o lo Stato o la classe politica, forse tutte e tre e così oggi, Paolo Borrometi, sottoscorta da 4 anni, come tanti colleghi in tutta Italia, possono contare sulla vicinanza delle istituzioni, del mondo politico e culturale.
Sono tanti, tantissimi gli attestati di solidarietà che da stamane hanno raggiunto il collega Borrometi. Il Comune di Pachino, naturalmente, l’on. Faraone e Lumia del Pd, l’on. Minardo di Forza Italia, ma anche il sindaco di Vittoria Moscato o Lirio Abbate, vicedirettore de L’Espresso, solo per fare degli esempi. L’elenco è lunghissimo e naturalmente non possiamo riportarlo, un elenco a cui, però, anche noi della redazione, ci iscriviamo fieramente.