E se la privatizzazione dell’acqua fosse un bene?

L’acqua è un bene comune, è un diritto di tutti, e rimango dell’idea che nessuno può approfittarsene lucrandoci sopra. Questa è la personalissima opinione di chi scrive, quindi non nascondo il mio turbamento quando, stamane, scopro che la Camera dei deputati ha approvato, con 243 voti favorevoli, 129 contrari e due gli astenuti, il ddl sulla privatizzazione dell’acqua, adesso la palla passerà al Senato. Non è stata una bella notizia e non solo perché l’iter per privatizzare l’acqua è quasi concluso e l’esito oramai è scontato, ma soprattutto perché, ancora una volta, la volontà popolare, e parlo del referendum del 2011, è stata calpestata da un Parlamento che non rappresenta più nessuno, se non se stesso. Ma questa, come diceva il buon Lucarelli, è un’altra storia.

Superato, tutto sommato indenne, lo scoramento iniziale, mi sono posto una domanda: e se alla fin fine fosse un bene? Il mio pensiero va ai recenti fatti locali. L’Amministrazione Piccitto, in conferenza stampa, ha ammesso che il canone idrico subirà, nei prossimi anni, un incremento del 40%. Tasse, ancora tasse. Non se ne esce più. Una notizia che risulta ancor più difficile da digerire, se si pensa che il 40 forse il 60% della nostra acqua, si perde strada facendo, sì, il nostro acquedotto è un colabrodo e lo sanno tutti e lo si sa da tempo.

Bene ha fatto il sindaco a dichiarare “guerra” allo Stato e alla Regione, minacciandoli di interrompere l’erogazione d’acqua se non verranno rinegoziati gli effetti economici delle utenze idriche, derivanti dalla delibera dell’Autorità per l’Energia Elettrica. Un provvedimento, ricordiamo, che impone ai gestori del servizio, ossia al Comune, la copertura integrale dei costi, attraverso la tariffazione, ed ecco spiegato l’aumento vertiginoso della bolletta. Ma ciò non risolve ovviamente il problema del sistematico e quotidiano sperpero d’acqua. Allora? Niente. Nessuno sembra occuparsene, nessuno sembra interessarsene. Eppure una decina d’anni fa l’Ato aveva trovato una soluzione: privatizziamo la gestione delle acque a patto che la ditta vincitrice avesse messo in sesto il nostro acquedotto (poco più di 35 milioni di euro da spendere in 20/30 anni), alla sola ed importantissima condizione che il canone idrico non potesse superare una determinata soglia, che è poi quella che noi oggi stiamo pagando. Il progetto fu immediatamente osteggiato da alcuni sindaci della provincia, che magari cavalcarono l’onda o magari no, ma la pietra tombale a quella infinita diatriba la mise il referendum del 2011, con il quale si sancì che l’acqua in Italia deve restare pubblica. Ottimo, il fatto è che nessuno da allora si sia preoccupato di rifare il nostro sistema idrico.

Alla luce di tutto ciò, forse, la decisione della camera dei deputati non è proprio da demonizzare in toto, alla sola condizione però che il costo del servizio dovrà essere calmierato, perché l’acqua è un bene essenziale e deve essere alla portata di tutti.

di Redazione21 Apr 2016 15:04
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