La Sicilia porta del Mediterraneo: occorre una maggiore sinergia tra Stato e Regione per migliorare il nostro sistema di accoglienza
“Una nuova politica che faccia del Mediterraneo un mare non di morte, ma un’opportunità di scambio di cultura, di integrazione non solo per chi approda nelle nostre coste, ma anche per chi li accoglie”, con queste parole il presidente, del Lions di Ragusa, dott. Giovanni Nicosia, apre i lavori del convegno organizzato dai Lions, dall’Asp 7, dalla Cattedra di Dialogo delle Culture e dalla Caritas.
“La Sicilia porta del Mediterraneo: rischio epidemiologico di vecchie e nuove malattie”, questo il titolo del convegno, che è stata l’occasione per discutere di immigrazione, delle criticità del sistema di accoglienze e del rischio epidemiologico vero o presunto rappresentato dai migranti.
Iniziamo dall’argomento principe della giornata, il rischio epidemiologico. Questo è uno dei tanti miti che va sfatato, nato chissà quando e per quale motivo non corrisponde per nulla al vero, basta sfogliare i dati forniti dall’Asp di Ragusa per scoprire che dal 2011 al 21 marzo del 2014 i migranti sbarcati a Pozzallo sono 5.283, di questi sono state ricoverate solamente 58 persone, di cui il 40% erano donne incinta. Il 30% dei ricoveri riguardava disturbi legati disidratazione o ai colpi di calore, un altro 20% concerneva patologie dermatologiche, mentre il restante 10% dei ricoveri ha riguardato traumi e patologie respiratorie.
Quindi nessun rischio per la salute pubblica anche se il monitoraggio è tra le priorità dei soccorritori.
Un aspetto, invece, che è emerso in tutta la sua rilevanza è la mancanza di una governance unitaria, questo aspetto è stato sottolineato da tutti i relatori. Dai primi sbarchi a Lampedusa ad oggi si sono fatti passi da gigante, i protocolli sono stati via via perfezionati e migliorati, ma ciò che continua a mancare è un coordinamento centrale. Questo fenomeno che non è un problema locale, ma nazionale andrebbe trattato in tutt’altro modo. Occorre che Roma, Palermo e gli enti locali collaborino per redigere un protocollo unitario, forte dell’esperienza di questi anni. Di ciò ne sono convinti tutti, anche l’assessore regionale alla Sanità, che è intervenuta complimentandosi e garantendo il suo impegno per sollecitare la Regione e il Governo centrale affinché il problema dei migranti non continui ad esser trattato come qualcosa di eccezionale. Accoglienza non vuol dire solo primo soccorso ecco perché da più parti si auspica ad una collaborazione tra l’assessorato regionale ai servizi sociali e quello alla sanità.
Bisogna superare la visione di un’accoglienza fatta a comparti stagni, questa l’idea principe, ribadita anche da Aliquò, oggi dirigente Seus. Una riorganizzazione del modello di accoglienza deve andare oltre l’idea del primo soccorso e della estemporaneità, il fenomeno è in crescita e queste persone non possono essere alloggiate sistematicamente in ricoveri di fortuna.
Un apporto da un’altra angolazione è stato quello del dott. Vincenzo La Monica della Caritas di Ragusa: “bisogna creare strutture piccole di seconda accoglienza, capaci di dare risposte sociali e di integrazione a queste persone.”