Dramma Sacro a Vittoria.

La deposizioneChi è smarrito, chi cerca la redenzione, chi si sente solo ed abbandonato. Lassù sul Golgota, vicino al corpo martoriato di Gesù, si aggirano maschere d’umanità, inquiete e confuse, anime travagliate, costrette a barcamenarsi dentro il girone dantesco della loro esistenza, precaria, fragile, quasi disumana. I volti non si riconoscono, non devono riconoscersi. Perché quello smarrimento non ha colore della pelle, etnia, età, sesso. E forse non ha nemmeno spazio temporale, tantomeno  geografico. Le coordinate, lassù, sul Golgota, si  annullano. Vestito di nero, quasi ad annullare ogni possibilità di riconoscimento che non sia quello “ontologica” dell’essere umano, il Coro del Dramma Sacro racconta ai suoi fratelli “contemporanei” la  tragedia di ognuno e di tutti. Ciò che il direttore artistico Massimo Leggio definisce “il percorso travagliato e irto di contraddizioni che l’uomo, ogni uomo, di ogni tempo, deve compiere, se vuole scoprire in sé la scintilla dell’eterno: dall’oscurità, dall’inautenticità, dalla mistificazione alla luce, alla Verità”. Ecco il sentimento del Prologo che narra, nella forma greca del coro, all’uomo che sta “sotto” la Croce, sopra è il proscenio del Dramma Sacro, la necessità di piangere insieme.

“Vale più una sola lacrima sparsa meditando sulla passione di Cristo, che un pellegrinaggio sino a Gerusalemme ed un anno di digiuno a pane e acqua”.

“E’ in questa frase di Sant’Agostino – spiega Leggio – che trovo assonanza con l’atmosfera lugubre e dolorosa che pervade il Golgota nel giorno della crocifissione e morte di Cristo. Dolore che permea l’intera umanità dinanzi al sacrificio del figlio dell’uomo, estremo atto salvifico che, pur compiendosi dentro una dimensione temporale “infrange l’ambito della storia e va al di là di essa” (Benedetto XVI).

Dolori e lacrime, emozioni che si dilatano nel tempo fino ad intrecciarsi. Ancora una volta, lì, sul Golgota, la cronaca fa un passo indietro, consegnando alla spazialità umana, il simbolico passaggio di testimone tra le lacerazioni interiori di una donna ed un’altra a cui hanno ucciso i figli.

Dopo il Coro, è Valentina Ferrante (Narratrice) ad irrompere sulla scena del Dramma Sacro raccontando il dolore di una madre a cui è stato violentemente reciso il cordone ombelicale. Di lì a poco, arrivano Maria (Liliana Stimolo), Maddalena (Pinuccia Vivera) e il miracolo della “liturgia” scritta da Alfonso Ricca si compie un’altra volta ancora. Grazie al contributo appassionato di Filippo Brazzaventre (Poeta); Giovanni (Giovanni Arezzo), Misandro (Alessandro Sparacino), Longino (Giovanni Santangelo), Nizech (Emanuele Puglia); Giuseppe (Emanuele Nicosia); Centurione (Massimiliano Nicosia). Massimo Leggio, oltre a curare la regia, porta sulla scena un’ispirata versione del personaggio di Nicodemo. Sono loro ad evocare la storia della disputa della sepoltura di Gesù. Con consumata maestria, gli attori intessono le trame narrative con il patrimonio culturale della tradizione del Venerdì Santo. E il pubblico torna a commuoversi, a “piangere”. Anche il Coro scende giù, è insieme a loro, per una catarsi emozionale che si è compiuta. Ancora una volta. Ma quel pianto, quelle lacrime, accompagnano ancora Gesù, Figlio di Dio, sino a quando il suo martoriato corpo non viene deposto alla Basilica di San Giovanni Battista.

Rispetto al testo, i versi del Ricca rimangono immutati. Si registra una novità per quanto riguarda il prologo. A partire dalla scrittura. Che è opera di Valentina Ferrante con la collaborazione di Liliana Stimolo. Il prologo è tutto incentrato sulla contemporaneità. Un’evocazione del presente tragico. Affinché produca una catarsi collettiva. L’uomo di oggi è stanco e vede solo il buio della notte. Leggio ha voluto che gli attori portassero in scena delle maschere. Per un disvelamento successivo ovvero la ricerca della luce. Che poi è la ricerca della propria identità.

L’epilogo è affidato ai testi di Emanuele Giudice. Liliana Stimolo, oltre ad interpretare Maria, ha ideato i costumi. L’organizzazione è opera di Rosalba Amorelli. Angelo Rizza è direttore di scena.

La conclusione del dittico sulla Passione di Cristo si celebra domenica 31 marzo, alle 20.30, nella Basilica di San Giovanni Battista. Dove viene rappresentata la Resurrectio. La narrazione è il risultato di una commistione tra un testo del Ricca e uno di Emanuele Giudice. Agli attori menzionati si aggiunge l’apporto di Germano Martorana.

 

di Direttore30 Mar 2013 19:03
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