Nel mondo della TV tutto è logico .

tribunaleIl mondo della televisione privata in Sicilia è la più forte dimostrazione di un sistema “dopato” da scelte scellerate e gravi omissioni.  Inizia così un articolo sul quotidiano “La Sicilia” a firma del collega Mario  Barresi. E’ una analisi distaccata di questo mondo, così confuso, che vede una miriade di emittenti televisive siciliane fare i salti mortali per sbarcare il lunario. Ma questo però non autorizza nessuno a fare, oltre ai salti mortali,  imbrogli belli e buoni. E così, mentre l’indagine di Guardia di finanza e Procura di Ragusa  con ben otto emittenti denunciate per truffa aggravata e falso ideologico in atto pubblico nel bando per le frequenze del digitale terrestre  va avanti e potrebbe estendersi a macchia d’olio in tutta la Sicilia, il settore televisivo isolano s’interroga su una crisi irreversibile. Come dicevamo ci sono circa  110 aziende televisive singole.  Ma è sbagliato anche dire aziende perchè una buona parte di queste, le cosiddette emittenti comunitarie, sono in pratica delle entità vuote senza valenza  economica. Per una interpretazione  sbagliata, forse a bella posta,  si è permesso a queste emittenti, che non hanno capitale sociale e neanche dipendenti, di diventare gestori di reti televisive. Insomma le parrocchie, e si capisce che loro operano a fin di bene, ma anche ogni tipo di associazioni, finte o vere,  possono  occupare ingiustamente frequenze televisive e fare business senza però rispettare i parametri richiesti ad altri. Ma  l’intento della Guardia di Finanza era proprio indirizzato a scoprire chi ha operato illegalmente per ottenere un vantaggio non meritato come ad esempio la frequenza.  Lo stato ha volutamente favorito le realtà più grandi mettendo come parametro valido per l’ottenimento dei punteggi più alti, proprio il capitale netto e il numero dei dipendenti. Qualcuno, a quanto pare, non ha resistito a taroccare questi dati. Torniamo ora all’articolo di Barresi che, secondo noi,  non è riuscito ad evidenziare   il concetto  della illegalità ma ha puntato su un altro aspetto quello del lavoro e della potenzialità economica del settore . ” Oggi, continua l’articolo,  dopo la rivoluzione del digitale siamo di fronte ad un  calo drastico di introiti pubblicitari, e le decine di milioni di euro investiti nello switch off non hanno avuto nessun  contributo per l’innovazione tecnologica .La Sicilia è l’unica regione d’Italia a non aver utilizzato i fondi europei ad hoc e sul campo ci sono ormai decine di vertenze con pesantissime ripercussioni sull’occupazione.  Non vuole entrare sul merito della vicenda giudiziaria, il presidente del Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni) della Sicilia, Ciro Di Vuolo. «Ma, in veste assolutamente tecnica – afferma – devo ribadire la pesante ingiustizia che hanno subito e che stanno continuando a subire le emittenti siciliane, le uniche su tutto il territorio nazionale non destinatarie di bandi per contributi per il passaggio al digitale terrestre». La Sicilia raggruppa quasi 1/5 del totale delle emittenti private italiane, «ma il mercato, in un momento in cui le imprese hanno dovuto sostenere investimenti non indifferenti, è stato condizionato da una disparità di trattamento per le tv siciliane, come ho avuto modo di ribadire in una recente audizione all’Ars». In Lazio e Lombardia, ad esempio, le Regioni hanno messo a disposizione 20 milioni di euro per ognuno dei bandi.   Nell’articolo di Barresi si fa anche riferimento al sindacato dei giornalisti  che dice: «L’indagine del Ragusano conferma quanto l’Associazione siciliana della stampa sostiene da tempo in merito al settore dell’emittenza televisiva privata in Sicilia». L’Assostampa siciliana ha predisposto «un accurato dossier già presentato da tempo alla Commissione nazionale antimafia, al Corecom e al Nucleo dei carabinieri per la tutela del lavoro di Palermo». Per noi di Reteiblea però, il sindacato  non riesce a fare un doveroso “mea culpa”. Si preoccupa del mercato ma non dice che già nel passato erano state segnalate anomalie nel recepimento dei contributi per l’editoria, come dice la Guardia di Finanza nel filone di indagini aperto a Ragusa. L’assostampa ora parla di violazioni di leggi ma non ha mai guardato ai milioni di euro che sono andati ad editori, piccoli e grandi, negli ultimi anni. Spesso tali contributi, forse percepiti non del tutto legittimamente,  sono stati l’unico modo per fare andare avanti le emittenti che sono così sopravvissute in barba ad ogni legge di mercato. Senza questi contributi molte realtà, “dopate”, diceva Barresi, forse non ci sarebbero più.  Comportamenti, che «oltre a costituire gravi violazioni delle leggi, anche in materia penale – aggiunge l’Assostampa – diventano un modello che diverse televisioni assumono pur di restare su un mercato che, obiettivamente, tende ormai con forza a espellere le aziende più deboli. Il sindacato chiede «con forza a ogni organismo deputato per legge di eseguire controlli sempre più severi e, se il caso, intervenire nei confronti di chi continua la propria attività nel settore televisivo in sprezzo di ogni legge e norma».  Purtroppo, per concludere, non esiste un sindacato, vero, di editori della tv privata e locale. Chi detta legge sul mercato  oggi è spesso proprietario di giornali stampati  a grande tiratura e  gioca con due mazzi di carte che, a rigor di logica, sarebbero in concorrenza se non addirittura antitetiche. Ma sappiamo che da noi tutto è logico.

di Direttore23 Feb 2013 12:02
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