Loris, la madre fermata per omicidio. Sarebbe sua l’auto al Mulino. Alle 10.30 nuovo interrogatorio (Video)
Dopo otto ore passate presso la sede della Procura delle Repubblica del capoluogo ibleo, Veronica Panarello, accusata di aver ucciso il figlio Andrea Loris Stival e di aver tentato di occultarne il cadavere, alle 2 è stata accompagnata in Questura dove passerà in resto della notte in attesa di essere sottoposta a nuovo interrogatorio questo martedì mattina alle 10.30. Questa volta non più come persona informata dei fatti, ma dalla posizione di fermata e quindi toccherà al Gip decidere se convalidare o meno il provvedimento.
Ad ascoltare la donna nel corso del lungo pomeriggio dell’8 dicembre (era stata prelevata dalla propria abitazione a Santa Croce Camerina poco dopo le 17) il Procuratore Carmelo Petralia e il sostituto Marco Rota che, intorno alla mezzanotte, hanno formalizzato il fermo con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dal legame di parentela, e occultamento di cadavere.
Secondo fonti vicine agli inquirenti, non avrebbe confessato di aver ucciso il figlio – “Non l’ho ucciso io, lui era il mio bambino” si sarebbe difesa – ma la decisione di procedere allo stato di fermo dipenderebbe da “gravi indizi di colpevolezza”.
A quanto pare, infatti, l’automobile ripresa dalle telecamere dell’azienda agricola che si trova all’inizio della strada per il Mulino Vecchio e che in un primo momento era stata descritta come un mezzo di colore scuro, sarebbe proprio la macchina della mamma di Loris.
Dall’approfondimento delle analisi dei fotogrammi dei video, gli investigatori sarebbero riusciti a isolare e ingrandire quello utile a distinguere proprio l’auto della donna.
Gli inquirenti, inoltre, sarebbero convinti che la donna abbia agito da sola: nel decreto di fermo notificatole non viene contestato il concorso con altre persone. Per l’omicidio del piccolo Loris era stato iscritto nel registro degli indagati il cacciatore Orazio Fidone, l’uomo che ha ritrovato il corpo del bimbo, con l’accusa di sequestro di persona e omicidio. Un atto dovuto, ha sempre sostenuto la procura, per consentire gli accertamenti irripetibili sui vestiti e sulle auto dell’uomo.