Il grande flop dei referendum.

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La recente tornata referendaria ha consegnato un verdetto inequivocabile: il mancato raggiungimento del quorum, per i cinque quesiti proposti da CGIL e Partito Democratico, si configura come una sconfitta piena per il centrosinistrra. Un risultato che non solo evidenzia le difficoltà di questa area politica, ma che solleva interrogativi cruciali sulla sua strategia e sulle prospettive future.
L’analisi è chiara: non aver superato neanche la soglia del 30% dei votanti è un colpo durissimo per il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana. Questa pesante battuta d’arresto, secondo una prime valutazione, potrebbe avere ripercussioni anche sulla figura del segretario della CGIL, Maurizio Landini, allontanando l’ipotesi di un suo ingresso in politica. La narrazione di una possibile “spallata al governo” attraverso i referendum si è sgretolata di fronte all’evidenza dei numeri.
Emergono , altrssì, le tante lacune di una coalizione che sembra non riuscire a intercettare il consenso degli elettori al di fuori del proprio perimetro ideologico.
La vittoria alle prossime elezioni politiche risulta essere impensabile senza un allargamento al centro, includendo figure come Matteo Renzi e Carlo Calenda. Questa sconfitta referendaria riaccende anche le tensioni interne al Partito Democratico, con la componente riformista pronte a chiedere conto della strategia adottata dalla segreteria Schlein.
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una delle critiche più aspre rivolte alla scelta referendaria ha riguardato la natura dei quesiti stessi. Sono stati definiti definiti “eccessivamente politicizzati” e “ideologicamente permeati di qualcosa che sapeva di antico”. Se la riforma Renzi aveva tentato di innovare, ad esempio con l’articolo 18, questi referendum hanno rappresentato un tentativo di tornare indietro nel tempo. La lezione è chiara: per un centrosinistra vincente, occorre parlare di futuro, ingaggiando battaglie concrete e non meri “quesiti identitari” ” ideologici” che, seppur utili nei congressi di partito, si rivelano inefficaci alle urne. Chiudersi in un “recinto ideologico” impedisce di raggiungere il ceto medio, fondamentale se si vuole sconfiggere Giorgia Meloni.
In altri termini se la Sinistra continuerà a proporre solamente temi e battaglie sui “diritti ” e mai sui “doveri” difficilmente potrà portare a casa risultati elettorali positivi.
Il dibattito si estende gioco forza, all’istituto stesso del referendum. Il basso afflusso alle urne suggerisce la necessità di una riflessione sulla sua efficacia e sulle sue modalità. Si ipotizza persino di aumentare il numero di firme necessarie per la richiesta, per assicurare che gli argomenti proposti siano più concreti e comprensibili per l’elettorato. Questo per evitare che consultazioni su “cose astruse” si traducano in un ennesimo flop.
In conclusione, la sinistra emerge da questa consultazione pesantemente sconfitta. È il momento di un’analisi profonda per capire le ragioni di questo risultato e individuare gli elementi che hanno portato a tale débâcle. Quali saranno le prossime mosse per invertire la rotta e riconquistare la fiducia degli elettori?

di Peppe Lizzio09 Giu 2025 16:06
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