Servono le Province.. eccome

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La variazione di bilancio approvata dall’assemblea dei sindaci del Libero consorzio di Ragusa  dimostra quanto possa essere utile un ente sovracomunale che miri a migliorare le infrastrutture, e non solo, in tutto il territorio. E’ bene dire che in questa vicenda ha un ruolo essenziale il  neo direttore generale Nitto Rosso che non ha avuto paura di osare, prendendosi le giuste responsabilità, peraltro insite nel suo ruolo, riuscendo a fare  impegnare un tesoretto, in avanzi d’amministrazione, di quasi 13 milioni di euro. In pratica negli anni  passati, per disinteresse o per incapacità, nelle casse del LCC si sono accumulate ingenti  risorse non spese. Da fare  i complimenti anche al Commissario Valenti che ha creduto al suo direttore e  ha voluto mettersi in prima linea per condurre questa manovra utile  per l’intera provincia con  importanti interventi su tutto il territorio. Torna quindi in auge il tema delle Province che sono un bene necessario e vanno reintrodotte dopo averle cancellate, mai definitivamente, per un esagerato senso del risparmio mai comprovato.  Tutti,  sindaci, operatori culturali, piccole e medie aziende, Proloco, mondo delle scuole, associazioni  sono concordi nel dire che il rimedio è stato più dannoso della malattia costringendo i comuni a diventare delle entità solitarie che combattono ogni giorno con il disseto a causa dei troppi compiti  a loro assegnati.  Adesso è tempo di tornare alle Province e non mi dite che chi le vuole è di destra e chi è contrario è di sinistra ! Non c’è nessuna connotazione politica in questo, nessun proclama di parte, tutt’altro; l’errore è proprio quello di continuare a far delle Province una bandiera ideologica, sventolata da una parte e dall’altra.

Le province hanno un’importanza, amministrativa e politica capace di costituire un riferimento per l’intero sistema delle autonomie e in particolare per i Comuni, specie quelli di dimensioni minori” (sono parole della Corte dei Conti, contenute in una relazione di qualche anno fa). E sappiamo tutti (ce l’abbiamo sotto gli occhi) quale vuoto, nei processi decisionali e amministrativi, esso ha lasciato, penalizzando l’erogazione di servizi importanti. La manutenzione delle strade provinciali, la gestione delle scuole secondarie superiori, il turismo e la promozione e valorizzazione di siti culturali e ambientali, il supporto ai Comuni attraverso le stazioni appaltanti (siamo in piena epoca PNRR), l’impulso a manifestazioni e iniziative artistiche, culturali e sportive d’interesse sovracomunale, il supporto alle strutture ricettive, il sostegno delle attività artigiane …Negli ultimi anni queste funzioni sono state svolte con il contagocce  mancando una adeguata rappresentanza territoriale.
Dovranno tornare presidenti, assessori, consiglieri che non sono solo “sederi” per poltrone come qualcuno le aveva definiti ma  in alcune realtà, Ragusa per esempio, la Provincia regionale è stata autentica leva di decentramento e autonomia, amministrativa e finanziaria.  E poi il fatto che sono i cittadini a eleggere i propri rappresentanti si chiama democrazia diretta. In questo caso inoltre si votano le persone, con nome e cognome, che si presentano  con un programma politico, con una squadra di assessori e con delle liste di candidati al Consiglio provinciale e ci si rimette al giudizio insindacabile delle urne. La cancellazione delle province ha rappresentato il solito papocchio italiano: la riforma pensata dal governo Renzi doveva essere temporanea, doveva cioè traghettare le Province verso la completa rottamazione salvando soltanto le città metropolitane; solo che dopo il fallimento del referendum renzicida del 2016 le Province sono rimaste nell’articolo 114 della Costituzione quali enti costitutivi della Repubblica e la legge Delrio non ha fatto altro che aumentare la confusione.  Poi mentre il presidente Crocetta metteva fine agli enti durante una diretta televisiva,  in Italia non solo le province sono rimaste e fanno attività ma ne sono nate altre ancora.
L’Ars ha tempo fa “segretamente” bocciato, per una mera ripicca partitica, il ritorno delle province ma siamo certi che dopo l’estate il progetto verrà riproposto senza le fibrillazioni dei manager o degli incandidabili. Insomma, la strada é quella lì e va percorsa  con il buon senso di chi – da destra a sinistra – voglia continuare a lavorare per la reintroduzione delle Province, contenendone i costi, certo, ma non nel solco di un’austerity forsennata, bensì nel segno precipuo d’una opportuna sostenibilità gestionale. I risparmi tranchant si pagano in confusione e disservizi; altra cosa, buona e giusta, è la razionalizzazione.

 

di Direttore21 Lug 2024 11:07
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