Pasto giusto non ridotto
Giovedì 23 marzo, ANIR Confindustria ha organizzato la straordinaria mobilitazione del
settore della ristorazione collettiva. Una protesta collettiva per un pasto giusto il cui costo
sia riconosciuto dalla Amministrazione Pubblica adeguando i contratti di servizio alle
indicizzazioni dell’inflazione da parte dell’ISTAT.
La mobilitazione nazionale prevede che nelle mense della Aziende aderenti alla protesta il
23 marzo verrà servito solamente il pasto ridotto, attraverso le modalità di riduzione del
servizio consentite e aventi i requisiti minimi richiesti in situazioni di mobilitazione come
questa. Milioni di alunni, degenti di ospedali, cliniche e case di riposo, dipendenti di enti
pubblici e forze armate non fruiranno del pasto giusto, che è stato servito negli altri giorni.
Contemporaneamente a Roma in piazza Santi Apostoli dalle 10 alle 13 si darà luogo ad una
manifestazione pubblica di tutto il settore, con operatori, aziende e rappresentanze.
«Si tratta di misure drastiche ma necessarie» afferma il Presidente di ANIR Confindustria,
Lorenzo Mattioli, «perché il Governo, che continua inspiegabilmente a non dare risposte,
riconosca ad un settore come quello della ristorazione collettiva che, da tre anni a questa
parte, sta soffrendo una crisi senza precedenti, l’indicizzazione automatica dei prezzi
all’inflazione registrata dall’ISTAT. L’aumento dei prezzi dell’energia e del costo delle derrate
a causa dell’inflazione ha messo in ginocchio un intero settore che ogni anno eroga quasi un
miliardo di pasti alle fasce più sensibili della comunità. Se le istituzioni continueranno a
ignorare le richieste delle aziende di ristorazione collettiva, nonostante le tante
interlocuzioni e gli innumerevoli tentativi di portare delle proposte concrete per risolvere la
questione», conclude lo stesso Mattioli «non possiamo escludere, che il pasto ridotto possa
diventare una realtà permanente nelle mense, cosa da scongiurare poiché significa mettere
a rischio di fermo dei contratti in essere e conseguente ridimensionamento dei posti di
lavoro, che oggi ammonta a circa 150.000 persone delle quali la grande maggioranza è
donna».