E intanto i commercianti piangono!

Un dato su tutti. Un calo del 40% del fatturato annuo in un solo mese, quello di
dicembre, a causa delle restrizioni. E ancora non è finita. Perché le prospettive sono
nerissime. Sicilia in zona arancione ma quello che più preoccupa è il dopo. Che cosa
succederà?
A lanciare l’allarme è il presidente facente funzioni Confcommercio Sicilia, Gianluca
Manenti, che, avendo raccolto il grido d’allarme dei presidenti provinciali
dell’associazione di categoria, dipinge un quadro a tinte fosche per i vari settori.
“Intanto – sottolinea – con la chiusura delle attività di ristorazione e dei pubblici
esercizi in genere oltre che di buona parte dei negozi di vicinato, è come se questi
settori si stessero facendo carico di un problema sociale e sanitario collettivo. Chi ci ha
messi in queste condizioni, ha il dovere di provvedere a ristorare adeguatamente le
nostre imprese, in base alla reale diminuzione di fatturato. Stiamo parlando di milioni e
milioni di euro di perdite solo per la nostra isola e solo con riferimento alle recenti
festività natalizie. Ma quello che più preoccupa è la mancanza di chiarezza con
riferimento a ciò che dovrà accadere da qui ai prossimi giorni”.
“I contagi – continua Manenti – sono in aumento, lo sappiamo. E’ necessaria la tutela
della salute, sappiamo anche questo. Ma sembra che i governi, nazionale e regionale,
abbiano praticamente scaricato sui pubblici esercizi e su altri ambiti del settore del
commercio l’onere di appiattire la curva dei contagi. E questo ci fa riflettere perché
parliamo di una decisione politica, certamente legittima, ma che denota un
atteggiamento iniquo ed un accanimento pericoloso verso questi stessi ambiti,
nonostante sia stato ampiamente dimostrato che i pubblici esercizi e i negozi di vicinato
sono luoghi sicuri, anche in ragione dei rigorosi protocolli sanitari che sono stati loro
assegnati e considerato che non si sono verificati contagi all’interno di queste attività
ma altrove”.
Le perdite, chiariscono da Confcommercio Sicilia, non riguardano, come spiegato, solo
i pubblici esercizi. Ma ci sono altre categorie che non hanno ricevuto niente di niente in
termini di ristori. “Basti pensare – dice ancora Manenti – ai negozi di abbigliamento
con perdite inimmaginabili tra i mesi di novembre e dicembre, ovviamente cali
facilmente documentabili; e, ancora, gli agenti di commercio che con un tracollo del
venduto dei negozi, quando buona parte degli ordini erano già programmati, hanno
subito delle riduzioni o addirittura degli annullamenti dopo avere sostenuto dei costi

importanti perché questi prodotti potessero essere spalmati sul territorio di competenza.
Non dimentichiamo, poi, i fiorai che fanno i conti con importanti restrizioni, sebbene
nelle grosse distribuzioni diano la possibilità di vendita di piante e similari. E, ancora,
facciamo i conti pure con parecchie altre categorie in gravissima difficoltà”.
La scelta della collocazione della Sicilia in zona arancione è stata presa unilateralmente,
senza coinvolgimento alcuno delle associazioni di categoria. “I dati – sottolineano
ancora i vertici di Confcommercio Sicilia – ci avrebbero collocato in zona gialla con
indice di rischio moderato. Così come quando, nei mesi scorsi, ci siamo rivolti al Tar
contestando quelle scelte di allora, anche adesso sottolineiamo che si tratta di scelte
arbitrarie non legate agli indici di rischio espressamente previsti dalla normativa
nazionale, così come concordato nella conferenza stato-regioni”.
Ecco perché Confcommercio Sicilia chiede al governatore Musumeci l’apertura di un
tavolo di confronto permanente per porre le basi di una ripartenza definitiva e sicura,
che non può essere più procrastinata quando si deciderà di garantire il riavvio delle
attività. “Non è più il tempo di parlare di distanziamento tra i tavoli e di mascherine, per
esempio – conclude Manenti – È ora, piuttosto, di discutere di come ridurre i costi fissi
delle nostre attività: canoni di locazione, utenze, assicurazioni, tasse locali e oneri
finanziari. Dobbiamo individuare tutti assieme, e non come è stato finora fatto, senza
farci partecipi di determinate scelte, soluzioni che garantiscano nuova liquidità a tutte le
imprese del commercio e del turismo colpite dalla pandemia. Serve, insomma, un piano
specifico. E serve subito”.

di Direttore09 Gen 2021 20:01
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