Lo scandalo dell’intercettazione, il riassuntone. Intanto Crocetta “valuta” querela.

Il caso scoppiato giovedì con la pubblicazione sul portale online della testata “l’Espresso” – sul cartaceo l’indomani – della notizia relativa ad una intercettazione tra il presidente della Regione e il medico Matteo Tutino, nella quale si farebbe riferimento all’ex assessore Lucia Borsellino come una persona pericolosa, che andrebbe “fermata, fatta fuori. Come il padre”, ha lasciato così tanti interrogativi che temo se ne parlerà ancora per diversi mesi.

Ripercorriamo i fatti: l’Espresso pubblica un articolo riportando quella frase, pronunciata da Tutino, medico e amico personale del presidente, arrestato a fine giugno per truffa nei confronti del sistema sanitario regionale (più capi di accusa, vicenda complessa), e ascoltata proprio da Crocetta che però sarebbe rimasto in silenzio. La quasi totalità del mondo politico regionale e nazionale, comprese le prime tre cariche dello Stato, esprime la propria indignazione chiedendo al governatore un passo indietro, le dimissioni.

Lui, il baluardo dell’antimafia siciliana, amico di Ingroia, di Beppe Lumia, quello contro “mangiugghia”, piuttosto che esprimere indignazione, sfidare l’Espresso o far fioccare le querele, si difende dicendo “Non ho sentito quella frase”, ma dopo poche ore, si “autosospende” da governatore. Strumento giuridico non previsto dallo Statuto Siciliano, ma neanche nel resto d’Italia (si pensi al caso Marrazzo o all’allora ministro Di Pietro che nel 2006 provò ad autosospendersi e Napolitano gli rispose picche). Raggiunto telefonicamente da qualche collega addirittura scoppia a piangere parlando di quanto stesse soffrendo.

La polemica nel frattempo non si placa e interviene la Procura di Palermo che, con una nota ufficiale dichiara di non avere agli atti, né tra le registrazioni effettuate dai NAS nell’ambito del procedimento che ha portato all’arresto di Tutino, intercettazioni di quel tenore. Allora l’Espresso replica che si tratta di un altro filone di indagini. E’ il classico gioco al rimpiattino. In serata, però (siamo ancora a giovedì) i deputati regionali del Pd si riuniscono per capire come procedere, tutte le soluzioni sono aperte, ma la posizione della Procura è rassicurante: il segretario regionale del PD, Fausto Raciti, dichiarerà l’indomani (cioè oggi) in una conferenza stampa che non esistono motivi per staccare la spina al Governo. Anche se i siciliani ne avrebbero a iosa di motivi che con l’intercettazione non hanno nulla a che fare, ma lasciamo perdere.

La bufera è scemata di intensità, ma è ben lungi dall’essere scomparsa. Intercettazione bufala o meno, la Sicilia è stanca e in moltissimi continuano a invocare le dimissioni. Anche Renzi pare convinto che sia ora di andare a votare… Ma i deputati, si sa, sono restii a lasciare le poltrone e la decisione finale, a questo punto, spetta solo al Presidente.

Nel primo pomeriggio di oggi, il presidente è ancora autosospeso quando dalla Procura di Palermo arriva un’altra precisazione: intercettazioni di questo tipo non ne esistono e basta. Controreplica de l’Espresso: noi invece ce l’abbiamo, verificata e controllata. A questo punto la Procura apre un’inchiesta conoscitiva, senza reati o indagati. In pratica per capire che sta succedendo.
E’ ancora il rimpiattino del giorno prima.

Insomma, qualcuno a Palermo sta mentendo: o la Procura per non inquinare altre indagini o l’Espresso per non perdere la faccia.
Nella serata di venerdì (poco fa), l’avvocato di Crocetta ha fatto sapere che “si stanno valutando le azioni legali da intraprendere per tutelare la onorabilità del presidente”. “Stanno valutando”.
Magari mentre “valutano” la telefonata salta fuori.

di Leandro Papa17 Lug 2015 22:07
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