Le celebrazioni per il terremoto e il consueto vezzo di dimenticare, come se fosse fatto apposta, la storia reale dell’antica Ragusa
Riceviamo e pubblichiamo.
«Riteniamo debba essere posta in evidenza tutta la nostra amarezza per come è stata preparata e condotta la celebrazione della memoria dell’11 gennaio 2015. Tutto è stato incentrato in un sito che all’epoca del terremoto neanche esisteva. Si continua a perseguire e a sostenere una storia della città di Ragusa che, ad arte, fino dal 1693 viene artefatta così come i presupposti che portarono alla nascita della nuova città, che a quell’epoca nuova non era perché costruita sul vecchio territorio dell’allora parrocchia di San Giovanni che si trovava a Ibla. Lo stesso motto “Crevit ragusiae hyblae ruinis” è ingiusto, perché Ragusa nuova non nasce dalle rovine di Ibla, bensì dalle rovine dell’allora Ragusa che fu chiamata Ibla solo dal 1922 e che era stata Ragusa dall’epoca bizantina fino al 1865 quando, con palese ingiustizia, la nuova città assumeva il nome di Ragusa appiccicando alla Ragusa originale il nome col suffisso Ragusa inferiore, la filiale in una parola che usurpava il nome della madre strappando oltre al nome che non le apparteneva due parti dell’immenso territorio. Riteniamo che se una storia debba essere raccontata si debba fare nel rispetto pieno di questo e non rifatta alla luce di quanto detto da “storici” campanilistici interessati a farsi “pubblicità” con la Ragusa nuova che, al contrario di quanto da loro sostenuto, è, come invece affermato da Paolo Orsi, “citta senza storia”. Orsi anzi chiarisce: “Tutta la storia di Ragusa si riferisce alla inferiore giacché la superiore, di data recente, sorta tutta dopo lo spaventevole terremoto del 1693, è citta senza passato e senza storia; è la figliale che ha soverchiato la metropoli”. Aggiungiamo noi la “figliale” che ha anche rinnegato la metropoli, cioè la madre. In merito alle recenti celebrazioni si poteva dare un segnale diverso nel dare valore e memoria dell’11 gennaio 1693. Invece di incentrare le celebrazioni a Ragusa nuova, si poteva valorizzare la “madre”, la città antica, l’originale, da dove tutto parte e fin dai tempi antichi quando i sicani colonizzarono la Sicilia. Si poteva sottolineare tutto ciò, per esempio, con una fiaccolata che, partendo dall’antico portale (la più importante testimonianza di allora), si sarebbe potuta concludere in cattedrale, dando pieno valore e testimonianza alla verità sulla quale si fonda Ragusa. Invece si è voluto, non a caso, ancora una volta, non dare il giusto valore alle cose e alla vera storia di Ragusa. Confidiamo che il prossimo anno, gli organizzatori possano prendere spunto dalla storia ed usufruire dei luoghi della vera Ragusa».
L’organizzatore è il presidente del comitato di San giovanni.
Ovvio che non si è toccata Ibla sia nel percorso sia nella celebrazione.
Eh
E che c’entra? Questa è una illazione gratuita che non c’entra niente, sia perchè il comitato di San Giovanni NON ha un presidente ma solo dei ragazzi che collaborano con i sacerdoti, sia perchè hanno organizzato l’evento 4 associazioni per un totale di quasi trenta soggetti coinvolti e non una persona sola che ha deciso. Il percorso del pomeriggio è stato studiato da altre persone, la cerimonia della mattina aveva IBLA come sfondo e si trovava in un luogo a cerniera tra le due raguse.
Ho apprezzato molto l’iniziativa della giornata commemorativa del terremoto del 1693.
Mi congratulo con gli organizzatori che, hanno ‘gestito’ gli interventi culturali e rievocativi senza malizia campanilistica.
Circa il programma della giornata certamente si potevano fare ‘altre cose’ o ‘cose diverse’, ma ricordiamoci che si è ancora all’inizio; per gli anni a seguire si potrà lavorare per le ulteriori proposte, per i miglioramenti, per ascoltare i suggerimenti e per tant’altro ancora.
Lo scontento di alcuni non può rovinare la soddisfazione di tanti e il coraggioso-faticoso lavoro degli organizzatori.
Se a qualcuno la manifestazione sia sembrata scorretta, o inopportuna, o falsa, o campanilistica era allora doveroso parlare con gli organizzatori, con l’incontro diretto e non con lo scontro giornalistico. Gli organizzatori, per correttezza, avevano lanciato l’iniziativa con un appello inoltrato da molto tempo alla cittadinanza (persone, associazioni, istituzioni).
Molte persone amiamo la nostra terra e la nostra storia, in tanti siamo desiderosi di riscoprire e riaffermare la giusta verità storica sulla nostra città e non solo. Tutto ciò sarà possibile se gli storici locali (degli entrambi i campanili) si riuniscono seriamente e serenamente con una sufficiente correttezza storiografica, possibile solo con documenti ufficiali e criteri oggettivi e imparziali.
Allora, l’11 gennaio sia una data celebrativa, ma durante l’anno cerchiamo anche di incontrarci per ricordare, tramandare, informare e formare….già anche formare, perché alla giornata del ricordo del terremoto possa affiancarsi anche la sensibilizzazione alla prevenzione nei casi di calamità.
Un tempo si diceva: “L’Italia una, Ragusa in due”, questo non è più possibile e molti di noi non lo vogliamo. Siamo in tanti a dire: “L’Italia una….Ragusa anche!”; se questo è il nostro intento, allora mobilitiamoci di conseguenza.