La gestione delle acque
La corretta gestione delle acque in Sicilia continua ad essere una chimera. Tra vuoti normativi (attualmente la Regione ha previsto la messa in liquidazione degli Ato Idrici) e enti locali che gestiscono la risorsa con problemi economici ed enormi carenze strutturali, il prezioso liquido continua ad essere sperperato e spesso si perde nelle ragnatele sotterrane di tubi colabrodo e ormai vetusti. Vi sono però soluzioni che è possibile applicare per rendere il sistema più sostenibile a livello ambientale e non solo. Il progetto SWMED, finanziato dall’Unione Europea tramite il programma ENPI CBC MED, stamani alla Provincia regionale di Ragusa ha organizzato un workshop cui ha fatto seguito il “secondo tavolo dell’acqua” per parlare della gestione delle acque in Sicilia tra aspetti tecnici e normativi. Durante l’incontro di stamani si sono confrontati vari esperti e rappresentanti istituzionali, da Paolo Rizzo della Regione Siciliana ai docenti Salvatore Barbagallo e Attilio Toscano dell’Università di Catania, fino all’analisi sui casi studio e sulle possibili soluzioni sul territorio, grazie agli interventi all’interno del tavolo dell’acqua, dei rappresentanti dello Svimed di Ragusa e dell’Iridra di Firenze, specializzati nello sviluppo di azioni sostenibili tese al risparmio idrico. Le stesse attività sono contemporaneamente seguite dalla Svimed in Tunisia e nei Territori Palestinesi, Paesi coinvolti nel progetto che vede come capofila la Regione Lazio. Il progetto ha l’obiettivo di rispondere alle politiche europee di vicinato promuovendo l’uso sostenibile delle risorse idriche nei Paesi mediterranei e offrendo nuovi spunti e nuove linee direttive da inserire all’interno del quadro normativo o nei regolamenti edilizi locali. Gli attori di SWMED hanno condotto un’analisi dei sistemi amministrativi delle risorse idriche, identificando ruoli e competenze, una raccolta dati sulla gestione delle acque per uso domestico, la gestione delle acque chiare e scure, il consumo domestico e gli aspetti sanitari connessi. Partner siciliano è la Svimed di Ragusa il cui presidente Giovanni Iacono stamani ha fornito alcuni dati di particolare interesse che evidenziano come sulle risorse idriche sia necessaria un’immediata inversione di tendenza. “Abbiamo attivato alcuni studi nel territorio del Comune di Ragusa prendendo in esame tre casi studio, il borgo rurale di San Giacomo, il villaggio stagionale di contrada Cerasella e l’attività edilizia residenziale con due cooperative edilizie che sono in fase di costruzione. In questi tre ambiti abbiamo analizzato le varie fasi, dalla captazione della risorsa idrica, per poi passare alla distribuzione, all’uso, alla raccolta finale e dunque allo smaltimento. Con il progetto SWMED si propongono delle soluzioni innovative che si potranno attivare con l’obiettivo di risparmiare acqua ma anche risorse economiche, oltre a migliorare la sostenibilità ambientale. Ci sono dati su cui comunque vale la pena riflettere per quanto riguarda la città di Ragusa. Abbiamo verificato che vengono immessi in rete ben 15 milioni di metri cubi di acqua ogni anno e ne vengono fatturati solo 4 milioni e mezzo. Ciò significa che siamo dinnanzi al 70% di perdite di risorsa idrica, di cui 50/55% in rete e le altre sono perdite “amministrative” cioè acqua utilizzata ma non fatturata. Pertanto la dotazione idrica del Comune di Ragusa è pari a 610 litri per abitante al giorno, mentre quello effettivamente consumato è di circa 270 litri per abitante al giorno. Si perdono cioè oltre 340 litri per abitante al giorno. E’ corretto fare nuovi pozzi per aumentare la dotazione idrica cittadina o non è forse meglio recuperare le perdite? Nei fatti è una scelta ambientale, etica, tecnica, economica. Forse c’è anche un problema di conoscenza tecnica e d’approccio alla risoluzione di problemi inerenti i sistemi idrici territoriali”. Sulle prospettive generali in Sicilia si è soffermato il prof. Salvo Barbagallo: “La Regione sarà chiamata in breve tempo a riorganizzare il servizio idrico integrato visto che le autorità d’ambito sono state sciolte e si dovranno prevedere nuovi enti. Entro giugno la Regione è chiamata a legiferare valutando se mantenere le attuali perimetrazioni degli ambiti territoriali ottimali, corrispondenti ai confini delle province che però nel frattempo sono state cancellate, o se invece dovrà ipotizzare altri scenari. Si dovrebbe approfittare di questo cambiamento per cogliere l’opportunità di accoppiare anche la riforma dei consorzi di bonifica visto che gestiscono l’acqua per l’irrigazione tratta spesso dalle stesse sorgenti che vengono usate per l’approvvigionamento civile. Se si riuscisse a creare l’autorità del distretto idrografico, aggiornando anche il relativo piano di distretto, probabilmente si potrebbe pensare ad una gestione ottimale passando da cinque o sei ambiti territoriali”. La situazione attuale della provincia di Ragusa, scendendo poi nel dettaglio della relazione di Attilio Toscano, è quella che vede in campo tutti i dodici Comuni nella gestione diretta delle risorse idriche visto che non è stata mai fatta la gara per una gestione unitaria attraverso l’Ato Idrico. Se questo aspetto ha permesso di andare avanti nell’erogazione dell’acqua ai cittadini, di contro non stato possibile ottimizzare la gestione sotto l’aspetto non solo economico ma soprattutto tecnico e strutturale. Alcune proposte sono arrivate dai rappresentanti dell’Iridra di Firenze, Giulio Conte e Fabio Masi, che hanno precisato che si tratta di soluzioni già adottate da altri Paesi e riproducibili anche in Sicilia, a partire dal recupero delle acque grigie per una gestione sostenibile delle risorse. “Puntiamo fortemente ad un utilizzo diverso dell’acqua – ha spiegato Fabio Masi – valorizzandola opportunamente nell’ambito domestico prima di scaricarla definitivamente. Ogni giorno produciamo il 70% di acque grigie, cioè acque, come quella che viene fuori dal lavabo dopo il nostro utilizzo, che potrebbe essere riutilizzata ad esempio per lo sciacquone del water, piuttosto che usare, come avviene spesso, l’acqua potabile. Si tratterebbe di realizzare un ciclo chiuso, con piccoli impianti domestici o condominiali, per trattare l’acqua da usare a casa per il water o, all’esterno, come prevede la normativa italiana, per il giardino, l’orto, per lavare l’automobile. In Germania addirittura è possibile usare quest’acqua per le lavabiancherie. Secondo le proiezioni dello studio che abbiamo sviluppato, in 20 anni si risparmierebbero metà delle risorse idriche e naturalmente vi sarebbe un enorme recupero anche dal punto di vista economico. L’obiettivo sarebbe quello della maggiore sostenibilità ambientale. Per tale ragione il progetto SWMED propone di creare un uso più consapevole dell’acqua implementando anche gli aspetti normativi o modificando i regolamenti edilizi locali con la possibilità di offrire, come ad esempio avviene per il settore dell’energia, anche agevolazioni in favore del costruttore, spingendolo dunque ad applicare queste metodologie di trattamento depurativo”. Appuntamento in autunno, come ha spiegato a fine riunione Barbara Sarnari dello Svimed, per il terzo tavolo dell’acqua che servirà ancora ad attivare un nuovo momento di confronto sugli aspetti normativi.