Il Durc, altro smacco per le piccole e medie imprese
L’economia del nostro Paese è oppressa da un eccessivo carico fiscale che inevitabilmente ha fatto crollare i consumi. Il Sud Italia, soggetto debilitato della Nazione, ne soffre in maniera maggiore, anche perché le soluzioni adottate per “salvare” il Paese dal dissesto economico sono peggiori dei mali, di conseguenza esse stanno determinando l’eliminazione dei soggetti produttori di ricchezza, cioè le piccole e medie imprese. E’ questa l’analisi fatta dal presidente della sezione Ascom di Vittoria, Antonio Prelati, il quale sottolinea come “la provincia di Ragusa, fino a qualche anno fa considerata l’isola nell’isola per la vivacità economica ed il reddito pro-capite, ha dovuto confrontarsi con una situazione nuova e devastante. Dall’inizio della grande crisi – prosegue Prelati – tutti i parametri economici hanno subito mutamenti e sono precipitati nell’abisso, si sono perse diverse migliaia di posti di lavoro, centinaia di aziende del Terziario; poi, l’ultimo rapporto di Banca d’Italia, su base nazionale, dipinge un quadro economico ancora più fosco per i prossimi trimestri e, ancora, la crisi politica aggrava le sorti economiche del Paese esponendolo alla speculazione. Quest’ultima non vede l’ora di “sbranare” quel che resta”.
Giovanni Arangio Mazza, vicedirettore provinciale Confcommercio, punta l’indice, dal canto suo, sull’inquietante quadro economico che impone una “politica per le piccole e medie imprese” considerato che, uno dei pilastri dell’economia del Meridione d’Italia, è il Terziario (commercio, turismo, artigianato, servizi). “La ripresa economica del Paese – dice Arangio Mazza – è determinata dalla ripresa dei consumi interni e dagli investimenti, quindi: riduzione del carico fiscale per le imprese, detassare gli investimenti in azienda, semplificazione dell’accesso al credito per evitare il soffocamento delle Pmi anche perché bisogna assolutamente impedire che le aziende entrino nel vortice dell’usura e, non ultima, la partecipazione pubblica per sostenere i fondi di garanzia per i consorzi fidi. In questo contesto economico, la procedura di alcuni istituti di credito di richiedere, oltre alla documentazione necessaria per una qualsivoglia apertura di credito, il Documento unico di regolarità contributiva – Durc (il quale attesta che l’azienda è in regola con gli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di Inps, Inail, ecc.) alza lo sbarramento all’accesso al credito delle Pmi, se esso non è conforme. È legittimo che l’istituto di credito lo richieda, ma in un frangente così tempestoso per le aziende è un parametro che diventa iattura. Se l’azienda non ha pagato, quindi non può vantare la regolarità contributiva, non significa che evade o che ha forza lavoro in nero, perché, essa dichiara sulle scritture contabili e amministrative che il personale è assunto in maniera regolare. Però, per contingenze economiche, non ha risorse per adempiere, ma si riserva di regolarizzarsi”. Come riuscire a divincolarsi da questa nuova ragnatela? “Una possibile soluzione, che ci sentiamo di proporre, per salvare le Pmi è quella di fare in modo che – sostiene il presidente Prelati – all’apertura di credito all’impresa, perché ne ha i requisiti, l’istituto bancario possa destinare parte del finanziamento concesso all’estinzione del debito aziendale generato dalla non regolarità contributiva. Ecco, si tratta di una possibile soluzione per non gettare nello sconforto le imprese, soluzione semplice ma efficace per essere al fianco delle Pmi. Pensiamo, sia necessario costituire un “Osservatorio dell’Economia e Lavoro”, nel cui ambito le problematiche delle imprese possano essere affrontate con un orizzonte più largo. Oltre alle parti datoriali e sindacali dovrebbero farne parte le istituzioni pubbliche e l’Abi. È necessaria in Sicilia una nuova pianificazione commerciale per riparare ai danni provocati alle Pmi. L’insediamento della grande distribuzione organizzata ha prodotto desertificazione del commercio tradizionale. Quindi, è necessaria una nuova legge sul commercio per introdurre nuovi e più adeguati criteri al fine di evitare congestioni dell’offerta commerciale e per valorizzare il commercio di vicinato. Insomma, se da una parte non si può indietreggiare sul fronte della liberalizzazione, dall’altra, è necessario introdurre criteri di “governo” ed “indicativi” che tutelino i piccoli”. “La Pmi – continua Prelati – ha bisogno d’essere tutelata affinché riprenda a produrre e ciò lo si ottiene attraverso il controllo delle liberalizzazioni. Inoltre, è necessario puntare con forza sul turismo, valorizzando le aree vocate. I ritardi dei pagamenti della Pubblica Amministrazione sono uno scandalo nazionale ed il “balletto” per il reperimento delle risorse economiche per il pagamento delle aziende è stato ancora più disdicevole. Ma, comunque, è certo che non si avranno quegli effetti determinati dall’immissione di denaro nel circuito economico, o meglio, quando dalla Pubblica Amministrazione giungeranno le risorse economiche per il saldo delle fatture gli istituti bancari imporranno alle aziende, agli imprenditori, il ripianamento delle scoperture di conto corrente, quindi, alla fine, per l’imprenditore non ci sarà nessun beneficio. Invece, l’esercizio della compensazione debiti Pa/crediti delle aziende, non deve avere corso dal 2014, bensì immediatamente. Solo così le aziende della Pmi ne otterranno benefici. Non è assolutamente condivisibile una pressione fiscale così alta, è similare ai Paesi latino americani degli anni Ottanta, quando gli stessi erano governati dai militari. Facciamo appello alla deputazione regionale e nazionale perché non si seguano procedimenti destinati ad aumentare la tassazione a carico delle persone e delle imprese: oggi siamo al disastro. Domani, inasprendo la tassazione sul reddito e sul lavoro, saremo al centro di un cataclisma”.