Cara D, siamo ritornati

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Cara D, siamo ritornati. E’ vero, era già nell’aria da qualche settimana, però solo adesso abbiamo la sicurezza a prova di bomba della matematica. Quello che si dice di solito è vero, e noi ne siamo la dimostrazione:  a volte ritornano. E bello, ma lo è ancora di più se quando ritornano ritornano bene, alla grande, come  ha fatto in questo pomeriggio di inizio primavera al Selvaggio il Ragusa del presidente Puna e di mister Raciti:  davanti a più di un migliaio di spettatori (la quantità che dovrebbe essere “normale” vedere ogni domenica- con un grande striscione nella tribuna ultras in latino (ammazzete oh), un mare di cappellini e bandierine azzurre dovunque e tutto il canonico resto in occasioni del genere. Per la verità, lo ricordo prima di dimenticarlo io stesso, c’è stata anche una partita, ma il Viagrande (a parte il rigore regalato da Sferrazza che forse era con la mente già ai festeggiamenti) ha fatto solo da sparring partner: corretto, pulito, impegnato a dare il meglio, ma niente di più (e non vediamo come avrebbe potuto essere diversamente) chiudendo con un 4-1 che in fondo è anche onorevole. Dicevamo, gli azzurri sono ritornati, onorando la riconquista della serie D, lasciata – ci sembra – otto otto stagioni fa nel modo più triste e ignominioso, che aveva fatto vergognare un’intera città. Dopo anni nei quali alcuni (pochi) hanno miracolosamente, con passione infinita, mantenuto acceso il fuoco evitando altri “abbandoni”, è finalmente giunto il momento del ritorno. Diciamolo subito, a fare meglio di tutti è stata la società, una delle pochissime nel panorama dell’Eccellenza, ad apparire (ed essere) salda, credibile, efficiente, capace anche di aggiungere giocatori alla rosa quando tutte le altre – a dicembre- svendevano o quasi. Ma, è ovvio, ha fatto benissimo anche la squadra, in blocco, dai grossi “nomi” alla riserva meno utilizzata, esprimendosi con un gioco incredibilmente redditizio, senza fronzoli ma non per questo meno  bello a vedere, viaggiando tutti insieme, al ritmo comune e giusto, i vari reparti come i giocatori con diverso tasso tecnico e agonistico, senza quasi mai correre veri pericoli. E, neppure a dirlo, se la squadra ha vinto il campionato è stato perché guidata benissimo da un tecnico, attento, mai parole di troppo,  abilissimo a gestire ogni gara come ogni situazione, a tenere sempre alta la guardia e la tensione di ognuno facendolo sentire parte importante del tutto. Quanto al pubblico, (la quarta gamba del tavolo) sebbene ancora – purtroppo – lontano dal numero che sarebbe bello vedere sulle tribune, è stato in continua, confortante sia pure lenta e piccola, crescita, con note particolari di merito per il gruppetto di ultras che ci sono stati sempre e dovunque. Morale, ha dato il suo contributo, e non piccolo. Certo, oggi pomeriggio è stato tutto particolarmente bello e non particolarmente difficile: ma vincere un campionato non capita tutti i giorni, e non è il caso di stare a spaccare il capello in quattro. Anche perché – non dimentichiamolo – la stagione ha portato in bacheca anche una Coppa Italia e l’imbattibilità, unica tra le migliaia di squadre in tutti i campionati italiani.  Adesso appuntamento in D, ritrovando il posto (minimo) che spetta a una città come Ragusa. Sapendo che, se i segnali venuti già da tempo, saranno confermati, l’operazione risalita (anche nell’immagine) così ben cominciata potrà andare avanti bene e a lungo. Perché se è bello vedere che a volte ritornano, sarà ancora più bello scoprire che sono ritornati per non fermarsi e andare ancora più avanti. Complimenti e auguri Ragusa.

di Gianni Papa10 Apr 2022 21:04
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