Sostiene Massari
Il dibattito sul regolamento per l’istituzione del registro delle unioni civili svoltosi dentro il consiglio comunale e sui media della nostra città, è stato scontato , schematico ed ideologico;incapace di attivare un confronto aperto e coraggioso in aula e in città; inadeguato a produrre un atto che mostrasse almeno lo sforzo della ricerca del bene comune, che fosse utile alla maturazione di valori condivisi e aiutasse la comunità locale ragusana nel camminino faticoso ma necessario di elaborazione di un discorso pubblico condiviso.
Si è voluto piantare una bandierina ideologica e politica per dire che l’amministrazione Piccitto ha fatto qualcosa, anche a costo di non considerare degna di considerazione una richiesta della società civile di dare più spazio al dibattito in città.
Un dibattito che fra l’altro nascondeva tra le pieghe un pregiudizio di fondo, quando tra le varie argomentazioni addotte da alcuni consiglieri a sostegno della delibera, si è sentito il bisogno di sottolineare con enfasi da guardiani della laicità che il Comune è una istituzione laica, lasciando capire che atteggiamenti critici rispetto il registro delle unioni civili potevano essere letti come imposizione di istanze religiose al resto dei cittadini; e quando si è assistito alla torrentizia citazione di vescovi e papi ribadendo una certa apertura rispetto alla questione delle unioni civili da parte della Chiesa; una sorta di avvertimento ai clericali” presenti nel consiglio o in città, come dire: voi che decidete secondo le indicazioni del Papa, del vescovo, del parroco ed del sagrestano cercate di essere consequenziali questa volta. Ho dovuto spiegare che da (aspirante) cristiano impegnato in politica ho imparato che si possono sostenere le proprie tesi, originate dalla fede o da qualsiasi altra visione del mondo e della vita,solo attraverso gli argomenti della ragione pubblica e del linguaggio antropologico e nel quadro del patriottismo costituzionale come direbbe Habermas, dentro la cultura della laicità della politica che da Sturzo al Concilio esalta l’ autonomia delle cose temporali nelle quali il laico cattolico gioca la sua libertà e la sua responsabilità.
Ma ho dovuto anche ribadire che la realtà della famiglia non appartiene all’ordine trascendente della fede, ma a quello immanente dell’esperienza umana in quanto tale, che nella fede trova il proprio coronamento, ma non la propria condizione di possibilità. L’istituzione famiglia è propria di ogni epoca storica , di ogni cultura , di ogni nazione.
La mia contrarietà all’atto è legata alla logica che lo coinvolge complessivamente : l’acritica assimilazione delle unioni di fatto alla famiglia fondata sul matrimonio come definita degli articoli 29,30 e 31 della nostra costituzione. L’atto come è stato strutturato , crea una oggettiva confusione tra due realtà diverse e da tutelare in ogni caso in modo diverso.
Infatti nella nostra costituzione democratica , laica ed antifascista, la famiglia come società naturale assume uno status differenziato rispetto a ogni altra formazione sociale. Il favor che la
costituzione riconosce alla famiglia è dovuto al fatto che essa svolge una funzione pubblica essenziale che è quella di generare , accudire, sostenere, educare e socializzare le generazioni future; è la famiglia che genera il futuro.
Proprio in un atto regolamentare era possibile e doveroso distinguere tra famiglia e unioni civili, rispettando la dignità di entrambe le realtà, come ha chiaramente indicato una giurisprudenza consolidata della corte costituzionale e come è stato ribadito nella sentenza n. 8 del 1994 redatta da n grande giurista laico come Gustavo Zagrebelski : “ tenendo distinta l’una dall’altra forma di vita comune, si rende possibile riconoscere ad entrambe la loro propria specifica dignità e non si innesca alcuna impropria rincorsa verso la disciplina del matrimonio da parte di coloro che
abbiano scelto di convivere.” Questo regolamento ha scelto la confusione laddove all’art. 2 ha stabilito “ gli atti dell’amministrazione devono …assicurare alle coppie unite civilmente le medesime condizioni riconosciute dall’ordinamento alle coppie sposate”, e non rispettando le differenze e non accogliendo le diversità produrrà effetti non corrispondenti ai principi di uguaglianza e sussidiarietà voluti dalla nostra costituzione.