Fu licenziato per aver detto la verità. La Busso lo deve reintegrare
Il giudice del lavoro del Tribunale di Ragusa, Gaetano Dimartino, ha condannato l’Impresa Ecologica Busso Sebastiano per aver licenziato illegittimamente, il 3 maggio del 2012, Giovanni Laurino. L’impresa infatti aveva motivato la sua azione sulla base di un non meglio specificato “intento di denigrare la società sua datrice di lavoro, con conseguente violazione di ogni più elementare dovere di fedeltà e riservatezza”.
Ma il giudice non la pensa così, anzi conferma che “le dichiarazioni del signor Laurino fanno riferimento a fatti specifici, descrivendo con puntuali riferimenti spazio-temporali e con dovizia di particolari, situazioni ritenute pericolose per la salute dei lavoratori – inoltre prosegue il giudice – l’impresa non ha motivo di lamentare alcun tono allarmistico della denuncia, giacché, se la lettura può indurre allarme e preoccupazione ciò è una conseguenza della obiettiva gravità dei fatti rappresentati, implicanti una situazione di pericolo non circoscritta al solo luogo di lavoro e ai lavoratori (dell’azienda, ndr.), ma estesa all’intero contesto urbano”.
Per questo il giudice, confermando l’assoluta veridicità dei fatti denunciati da Laurino, ha impugnato il licenziamento, definendolo illegittimo e discriminatorio, e ha obbligato la ditta a reintegrarlo, corrispondendogli il risarcimento per il danno causatogli dal licenziamento.
Ma cosa era successo? Il 20 marzo del 2012, Giovanni Laurino, dipendente della ditta Busso e rappresentante sindacale I.s.a., aveva inviato una lettera al sindaco, all’assessore all’Ambiente, al presidente della Commissione Trasparenza nonché alla stampa, nella quale Laurino denunciava una serie di irregolarità. “All’interno dell’Azienda – scriveva Laurino – avvengono enormi anomalie e inadempienze contrattuali. Denunciamo la grave situazione sanitaria in cui versa il centro comunale di raccolta di contrada Nunziata a Ragusa. In qualità di responsabile ho ripetutamente fatto presente al datore di lavoro lo stato in cui versa il centro con percolato che fuoriesce dai cassoni, rifiuti di umido che rimangono per diversi giorni all’aria (per legge il termine massimo di giacenza dell’umido è di 72 ore e non settimane, ndr.); medicinali scaduti che sono ricettacolo di topi ormai immuni a tutto; vetro che viene smistato senza adottare alcun sistema di protezione e sicurezza. Inoltre il capannone è pieno di carta e cartone, il tutto non disinfettato. Il piazzale è stracolmo di potatura, legno, materiale ferroso, materassi, frigoriferi ecc. ecc. Ricordo che il centro di raccolta confina con il centro di ricerca zoo-profilattico che si trova a rischio di contaminazione. E’ nostro dovere – continuava Laurino – far conoscere come avviene la differenziata: il tutto senza essere smistato va conferito con gli autocompattatori presso la discarica di Cava dei Modicani”.