+ 660% di caro bollette. Cosa si può fare!!!

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Ormai il problema del rincaro dell’energia, del gas, delle materie prime e dei carburanti è generalizzato e non è più una questione delle sole industrie che consumano molta energia, ma anche delle piccole attività della ristorazione. Un impatto negativo diretto sotto forma di rincaro delle bollette assolutamente non sostenibile. La lamentela viene dalla CNA provinciale: Un problema che si ripercuote sulle filiere a monte, ad esempio per ciò che riguarda il comparto agroalimentare con danni notevoli a produttori e trasformatori. La ristorazione ne risente molto ed il settore continuerà ad essere un riferimento importante per l’economia del nostro territorio, per la filiera agroalimentare e per il turismo ma occorre ripensare al ruolo dell’Horeca  (hotel ristoranti catering) del futuro sempre più legata alla sostenibilità ambientale che parlerà un linguaggio digitale, dalle prenotazioni alla gestione delle consegne, ai pagamenti sino alle attività di customer care.  Secondo il Centro studi di Assolombarda, il prezzo del gas naturale è aumentato del +660% rispetto al pre-Covid, mentre il Pun (Prezzo unico nazionale energia elettrica) ha raggiunto negli scorsi mesi il picco più alto di sempre, facendo registrare i 281 euro al MWh (+492%rispetto al valore di gennaio 2020). Oltre alla discesa in campo dello Stato italiano ci sono state diverse idee per fermare l’aumento dei prezzi. L’11 febbraio, il MiTE ha approvato il Pitesai ovvero il Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee. In questo documento troviamo la possibilità del ritorno delle trivelle sul suolo italiano. Non solo sul suolo ma anche off-shore, anche se le aree dove estrarre la materia prima in mare sono diminuite dell’89%. Nel documento firmato dal Ministro Cingolani le uniche aree escluse sono quelle a rischio o dove il gas non è effettivamente presente. L’obiettivo del Governo è così di raddoppiare la produzione di gas nei prossimi anni. Non sono state però poche le polemiche specialmente tra le associazioni ambientaliste. Infatti, se da un lato le nuove estrazioni di gas porteranno ad una diminuzione della dipendenza italiana dal gas estero e specialmente da quello russo, questo potrebbe accadere tra alcuni anni. Nel frattempo si dovranno per forza continuare ad aumentare gli investimenti in carbon fossili compromettendo i piani per la decarbonizzazione della penisola. Questo dimostra che quando si è in guerra non si può andare per il sottile e se si hanno le risorse bisogna utilizzarle per combattere appunto aumenti del 660 per cento. Non possono essere considerati i sentimenti no triv in questo caso.  Secondo i criteri del MiTE poco più del 42,5% del territorio nazionale è considerato idoneo alle trivellazioni. L’area è compresa tra 16 regioni italiane, con l’esclusione di Liguria, Trentino, Valle d’Aosta e Umbria. Per quanto riguarda invece le trivellazioni in mare, il territorio si è ulteriormente ristretto con solo l’11% delle acque territoriali idonee alla trivellazione. Queste sono concentrate sulle coste dell’Adriatico tra Abruzzo e Marche, nel Canale di Sicilia, in diverse zone di Adriatico e Ionio nei pressi delle coste pugliesi e infine in alcuni punti nei pressi di Venezia.

di Direttore16 Feb 2022 22:02
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