A Ragusa la burocrazia ostacola l’imprenditoria originale

Il Comune di Ragusa ostacola le iniziative imprenditoriali dei giovani che realizzano beni immateriali opere dell’ingegno, Partecipiamo chiede spiegazioni: “Adottata una direttiva in difformità alle indicazioni provenienti dall’Unione Europea”  “Bisognerebbe favorire ed incentivare, e non ostacolare, iniziative imprenditoriali, in particolare, dei giovani che realizzano beni immateriali, opere dell’ingegno. Che senso ha frapporre ostacoli all’insediamento delle attività economiche e produttive di e-commerce quando il decreto legislativo 70/2003, emanato in attuazione della direttiva 2000/31/Ce, stabilisce che ‘chi intende prestare servizi nella cosiddetta società dell’informazione abbia libero accesso a tale settore, senza necessità di un’autorizzazione preventiva?’” E’ l’interrogativo che i consiglieri comunali di Partecipiamo, Giovanni Iacono e Mirella Castro, rivolgono all’indirizzo dell’amministrazione comunale di Ragusa che ha emanato la direttiva per l’insediamento delle attività economiche e produttive n.15 del 27 giugno 2017 del settore 11 ‘edilizia privata, produttiva e condono’ in cui viene imposto che anche per una semplice attività di e-commerce sia necessaria una sede legale/operativa di tipo ‘direzionale’ e quindi diversa da quella della residenza o abitazione. “Nella stessa direttiva, al punto 2 – chiariscono Iacono e Castro – viene indicato che ‘le attività direzionali vanno ubicate in un’unica unità immobiliare nella quale svolgere l’attività un solo soggetto’ e nella tabella ‘destinazioni d’uso ed utilizzi consentiti’ viene indicato che devono avere la sede direzionale i soggetti che svolgono l’attività di ‘vendita a mezzo internet o corrispondenza sede’. Noi riteniamo, invece, che la direttiva suddetta sia difforme dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale in materia imponendo che sia la sede che il deposito di un e-commerce siano necessariamente ubicate in un locale con destinazione d’uso ‘direzionale’”. Infatti, il decreto legislativo 59 del 2010 ha recepito la direttiva 123/2006/Ce con la quale l’Unione Europea ha indicato quale suo obiettivo prioritario l’eliminazione delle barriere allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri, che prevede quindi una semplificazione normativa ed amministrativa della regolamentazione, delle procedure e delle formalità burocratiche relative all’accesso e allo svolgimento delle attività. “Vorremmo quindi comprendere dall’amministrazione comunale – sottolineano ancora i consiglieri di Partecipiamo – se ritiene conforme alla norma il fatto che la direttiva non contempli assolutamente il caso di vendita senza magazzino eppure vi sono ‘beni immateriali’ quali: licenze, foto, libri, audiolibri, video-guide, corsi on line, musica, video, testi; servizi (di qualunque tipo); prodotti fisici in drop-shipping (ovvero senza comprare beni e metterli in magazzino ma ordinando il bene in automatico solo quando un acquirente fa l’acquisto dal sito e richiedere la spedizione direttamente all’indirizzo dell’acquirente che non hanno alcun ‘magazzino’”. Inoltre, Iacono e Castro chiedono di conoscere per quali motivi la direttiva impone che in “un’unica unità immobiliare possa svolgere l’attività un solo soggetto” vietando, di fatto, un contratto non esclusivo, uno spazio in condivisione, un hub, una struttura polivalente o, semplicemente, uno spazio di co-working. Allo stesso tempo, Partecipiamo vuole sapere se è stato negato a soggetti richiedenti di esercitare l’attività sulla base delle suddette direttive.

di Direttore29 Gen 2018 09:01
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