Lo stato di salute delle imprese ragusane

imagesUn’analisi attenta e articolata sullo stato di salute delle imprese ragusane. E’ quella che arriva dal presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili per le circoscrizioni dei Tribunali di Ragusa e Modica, Daniele Manenti. “La mancata tempestiva reazione delle nostre imprese alla crisi – dice Manenti – ha inevitabilmente fatto registrare delle perdite che hanno eroso il patrimonio aziendale. Occorre, però, precisare che non tutti i settori sono stati interessati dalla crisi nello stesso modo e con la stessa gravità. Il settore agricolo della nostra provincia registra, nel corso di questo ultimo anno, una buona tenuta con fatturati stabili o leggermente in crescita e margini adeguati, nonostante i problemi che affliggono la filiera da tempo (prezzi bassi, riduzione dei consumi, strapotere della grande distribuzione che condiziona in maniera significativa l’intero mercato in acquisto). Il miglioramento ha riguardato non tutto il comparto ma solo le aziende più strutturate e prevalentemente le Op (organizzazioni di produttori) che nella nostra provincia hanno mediamente un livello di fatturato tra i 15 e 25 milioni di euro, e che sono riuscite ad intervenire adeguatamente dal lato dei costi e dal lato della commercializzazione, accrescendo complessivamente anche la loro competitività attraverso gli investimenti eseguiti, per acquistare macchinari ed attrezzature, impianti di condizionamento ed acquisto di magazzini per la lavorazione, sfruttando al meglio le risorse messe a disposizione nell’ambito degli aiuti nazionali”.
Manenti, poi, si sofferma sullo scenario economico e congiunturale siciliano che non è certamente positivo. “In un anno – sottolinea – abbiamo perso circa 38.000 posti di lavoro, un giovane su 2 è disoccupato e il Pil è in calo del 2,7% . La nostra isola regredisce ad un ritmo superiore rispetto al resto del Paese. Se andiamo a vedere gli ultimi cinque anni, mentre il Pil, nel Paese, si è ridotto del 7%, in Sicilia la diminuzione è stata del 10%. Per recuperare quello che si è perso in questi anni e ricominciare a crescere secondo le previsioni dello Svimez, bisognerà attendere il 2025. I dati sulla disoccupazione sono particolarmente allarmanti, in quanto mentre a livello nazionale in questi cinque anni si sono persi complessivamente 500.000 posti, di questi circa 131.000 sono andati perduti in Sicilia”. Poi i riflettori tornano di nuovo nell’area iblea. “A fronte di questa prolungata crisi – chiarisce il presidente dell’Ordine – anche le imprese del nostro territorio stanno attraversando un momento particolarmente difficile e complicato. Il ricorso alla Cassa integrazione è aumentato in maniera rilevante rispetto agli anni precedenti e la competitività delle nostre aziende si è complessivamente ridotta. Riduzioni significative del fatturato hanno provocato altrettante significative diminuzioni del patrimonio delle aziende per effetto delle perdite registrate in questi anni. Occorreva intervenire tempestivamente sui conti economici delle aziende riparametrando i costi con i livelli ridotti di fatturato registrati durante questi due anni”.
Altro settore fortemente in crisi nella nostra provincia è quello immobiliare. “La debolezza del mercato immobiliare secondo il rapporto della Banca d’Italia – dice ancora Manenti – si è notevolmente accentuata nel corso del 2012, con un’elevata quota di invenduto. In base ai dati dell’Agenzia del Territorio, il numero delle compravendite nell’ultimo anno in Sicilia si è ridotto del 27,4%. I prezzi delle case ne hanno risentito con una riduzione al netto dell’inflazione del 6,2%. Il mercato immobiliare risulta essere anche fortemente penalizzato, oltre che dalla restrizione del credito, anche dall’ulteriore inasprimento del carico fiscale derivante dall’Imu. Nel 2012 le imposte sugli immobili sono aumentate di circa 12 miliardi di euro rispetto al 2011 e in confronto all’Ici, con l’Imu il gettito per lo Stato è aumentato di 2,5 volte. Occorre anche ricordare che la percentuale dei crediti in sofferenza che il sistema bancario ha nei propri attivi rispetto al totale dei crediti erogati alle imprese del settore delle costruzioni in Sicilia è del 54% (dati Banca d’Italia). Una percentuale molto elevata, che compromette in maniera seria la qualità dell’attivo del sistema bancario. Come conseguenza le banche hanno progressivamente alleggerito i propri impieghi nel settore delle costruzioni dimezzandolo in quasi sette anni. A questo bisogna aggiungere la riduzione progressiva della domanda pubblica con una politica di bilancio statale che ha complessivamente ridotto dal 1990 al 2013 le risorse destinate alla spese in conto capitale (spesa per investimenti) del 42,6%, del 61,2% le risorse per nuove infrastrutture, mentre sono aumentate le risorse per spese correnti e ciò anche per effetto del rispetto del patto di stabilità con il quale pure i Comuni sono stati coinvolti a contribuire alla riduzione del debito pubblico nazionale. Il patto di stabilità ha sostanzialmente impedito alla maggior parte degli enti locali di aumentare la spesa in conto capitale e di eseguire i pagamenti alle imprese senza mettere un freno alla spesa corrente, creando effetti recessivi sull’economia locale e nazionale. Una situazione decisamente drammatica. A giudizio di tutti, per far ripartire il mercato occorre sbloccare il circuito del credito, risolvere il problema dei ritardi dei pagamenti ed aumentare le risorse pubbliche per le infrastrutture. Anche il settore del commercio ha subito, a seguito della riduzione dei consumi, sensibili contrazioni. Il settore manifatturiero registra una moderata flessione”.

di Redazione10 Lug 2013 10:07
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