Continua l’affondo di Legambiente contro le trivellazioni petrolifere

In questi giorni in Sicilia tutta l’attenzione è rivolta alle trivellazioni a mare, ma basta volgere lo sguardo verso l’interno e ci si trova di fronte ad una provincia di Ragusa che è interessata per l’82 % della sua superficie da trivellazioni suddivise tra istanze di permesso di ricerca, permessi di ricerca, istanze di coltivazione e concessioni di coltivazione. Solo 300 kmq dei 1614 kmq di superficie della provincia non sono interessati da una delle fasi che portano allo sfruttamento di idrocarburi del sottosuolo. Dei 12 comuni della provincia soltanto Pozzallo non ha porzioni di territorio interessato da ricerche e coltivazione di idrocarburi mentre Ispica è interessato marginalmente con solo 4 ettari. Tutti gli altri comuni sono interessati quasi interamente. Acate, Chiaramonte Gulfi, Comiso, e Vittoria al 100%, Ragusa al 98%, Santa Croce Camerina al 90%, Giarratana all’80%, Scicli e Monterosso Almo al 70% e Modica al 50%. In totale 143,29 kmq di territorio provinciale ( 8,88% del totale ) sono attualmente interessati da coltivazioni di idrocarburi , 147,99 kmq da istanze di coltivazione ( 9,17 % del totale), 466,33 kmq da permessi di ricerca ( 28,9% del totale) e 556,40 kmq da istanze di permesso di ricerca ( 35,1% del totale). Non vogliamo finire come in Basilicata: sorgenti e laghi con acqua destinate al consumo umano inquinate da idrocarburi, declino dell’agricoltura, del turismo, petrolio finanche nel miele, aumento di malattie, mancanza di lavoro, smaltimento illegale di materiali tossici, anche nei campi agricoli. E cosa ha guadagnato la Basilicata da tutto ciò? Era la più povera prima che arrivassero i petrolieri con le loro vuote promesse di ricchezza, lo è ancora oggi.

di Redazione06 Gen 2015 11:01
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