Peppino Spampinato: il ricordo dell’Anpi a 20 anni dalla morte

“A vent’anni dalla scomparsa di Giuseppe Spampinato, per tutti Peppino, partigiano per una nuova Italia, avremmo voluto ricordare la sua figura con un convegno che valorizzasse il suo impegno rivolto, a testimonianza, verso le nuove generazioni dell’importanza della democrazia, della giustizia, della libertà e della pace. Purtroppo, la situazione attuale non lo ha permesso ma come ANPI provinciale di Ragusa vogliano ricordare la sua figura”. Così il presidente provinciale dell’ANPI Gianni Battaglia. GIUSEPPE SPAMPINATO, nasce nel 1914 a San Michele di Ganzaria (provincia di Catania), in una famiglia contadina e antifascista. Fino all’età di 27 anni lavora la campagna assieme al padre, e nel 1941, a guerra iniziata, viene richiamato a fare il militare e destinato a Ragusa, dove, qualche mese dopo si sposa con una giovane, Giorgia Ragusa, con la quale avrà tre figli: Giovanni, Alberto e Salvatore. Nell’aprile del 1942 viene inviato in Jugoslavia, territorio di guerra, e il giorno dopo dell’armistizio dell’8 settembre 1943, assieme ai i militari italiani che erano con lui viene fatto prigioniero dai tedeschi, perché si rifiutava di passare dalla parte dei nazisti, nonostante la minaccia della fucilazione. Dopo due mesi di lavori forzati fu liberato dai partigiani jugoslavi, e senza esitazione, trascinando con sé molti militari italiani disorientati e indecisi, in maggioranza siciliani, sceglieva di unirsi ai partigiani per combattere il nazi-fascismo. Assieme ad altre formazioni italiane in Jugoslavia ha contribuito alla costituzione del battaglione Garibaldi, che in breve si trasformò in “Divisione d’Assalto Garibaldi Italia”, dove Spampinato faceva parte del gruppo di comando, iniziando col grado di comandante di plotone fino al grado di Maggiore, a capo di una di queste Brigate, la Matteotti, formata da 1.050 uomini.

Durante la liberazione di Belgrado, alla testa del suo reparto, fu ferito gravemente dai tedeschi, e ancora convalescente, ritornava a combattere con i suoi compagni. In una sua memoria ha scritto: Furono 22 mesi di sacrifici e combattimenti per la liberazione dal nazifascismo, e per cancellare le criminali vergogne compiute in Jugoslavia dall’Italia fascista. A luglio del 1945, dopo avere ricevuto due decorazioni dal governo Jugoslavo, rientra in Italia, dove gli verranno riconosciute dal Governo Italiano l’invalidità per ferite riportate in guerra, il grado di maggiore, e LA MEDAGLIA D’ARGENTO al valor militare. Una volta fatto rientro a Ragusa, incontra un altro ex partigiano, Virgilio Failla, con il quale contribuisce a fondare la federazione del PCI di Ragusa, ricoprendone la carica di segretario della sezione centro. È stato responsabile dell’organizzazione e vice segretario provinciale dal 1947 al 1959, impegnandosi nella costruzione di un partito di lotta, per questo fu un grande attivista e animatore delle lotte operaie e contadine nella provincia di Ragusa. Dal 1952 al 1956 fu consigliere comunale del PCI a Ragusa. In quegli anni, come comunista e sindacalista, subì processi e persecuzioni, anche nel lavoro, infatti negli anni ’50 fu licenziato ingiustamente dall’ECA (Ente Comunale Assistenza) per motivi politici, e vinse la causa dopo un lungo ricorso durato 10 anni, ottenendo la reintegrazione del posto di lavoro. Nel periodo di licenziamento, dal 1950 al 1959, si dedicò al partito e alla Camera del Lavoro. Nel 1972, andato in pensione, accettò l’incarico, affidatogli dal PCI, di costruire a Ragusa la Confesercenti e la CNA provinciale, ricoprendone la carica di presidente.

Nello stesso anno, il 27 ottobre 1972, la sua famiglia fu colpita da un grave lutto con uccisione del figlio Giovanni, di 26 anni, giornalista e corrispondente da Ragusa per il giornale L’Ora di Palermo, mentre si stava interessando di un torbido e misterioso omicidio avvenuto qualche mese prima.  Giovanni si era occupato anche degli ambienti dell’eversione nera, pubblicando una ampia inchiesta su neo-fascismo e trame nere nelle provincie di Ragusa, Siracusa e Catania. La morte del figlio gli ha distrutto la vita, anche perché non si è mai fatta pienamente giustizia come Giovanni e il suo impegno e l’attività di giornalista meritavano e per questo ha speso tutta la sua vita a tutelare la memoria del figlio Giovanni. Dopo la “svolta” della Bolognina del 1989, aderì al PDS. GIUSEPPE SPAMPINATO è stato ininterrottamente Presidente provinciale A.N.P.I. fin dal 1950 e membro del Consiglio Nazionale fin dal primo congresso svoltosi a Venezia nel 1946 e vice Presidente regionale contestualmente allo stesso periodo.  Fin dal 1970 prospettò la sua sostituzione da Presidente sia pure per un ragionevole avvicendamento. Al 10° congresso provinciale del 1986, la richiesta di dimissioni la presentò in modo categorico e documentata. Era già ammalato seriamente da alcuni anni ma anche il quella occasione la segreteria provinciale prese subito posizione contraria e, anzi, l’ANPI conferì a Spampinato la medaglia d’oro con diploma d’onore al merito. Le condizioni di salute di Spampinato nella primavera-estate del 1992 si aggravarono fortemente e dopo tre mesi di ricovero in ospedale, veniva riconosciuto totalmente invalido. Ma neanche dopo questa circostanza non fu sollevato dall’incarico di presiedere l’ANPI provinciale di Ragusa e organizzò le manifestazioni per celebrare il cinquantesimo anniversario della liberazione. Ricoprì la carica di presidente provinciale fino alla sua morte, avvenuta il 2 giugno del 2000, all’età di 86 anni.  Il funerale, secondo le sue volontà, fu celebrato in forma civile in una piazza della città di Ragusa a lui molto cara.

 

di Stefano Ferrera31 Mag 2020 21:05
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