Meglio cameriere precario a Londra che a Ragusa

La nuova emigrazione dalla provincia di Ragusa. E’ questo il tema della nuova
pubblicazione, la sesta, del Centro studi della Cna territoriale. Una pubblicazione che
punta i riflettori su un fenomeno che vale la pena di evidenziare. “Stampa e media – è
sottolineato dal Centro studi – considerano ed evidenziano solo una parte di questo
flusso: gli stranieri che arrivano. Poco viene detto e scritto dell’emorragia in uscita
che è in atto da qualche anno. Infatti, in meno di un decennio, migliaia di cittadini di
questa provincia hanno lasciato l’area iblea e si sono stabiliti al Nord o all’estero.
Quello che scriviamo non è una narrazione esagerata: è un dato preciso, chiaro, che
abbiamo constatato analizzando i dati dell’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti
all’estero (che registra i dati dei cittadini italiani residenti oltre confine per un periodo
superiore ai dodici mesi) e alcune recenti pubblicazioni dell’Istat sulla
movimentazione interna dei cittadini italiani”.
Dai dati in questione risulta che la popolazione residente in provincia di Ragusa al 31
dicembre 2017 era di 321.370 unità: di questi l’8,9%, cioè 28.827 unità, erano
stranieri delle più varie nazionalità, mentre il 9,2% (29.654 unità) erano persone nate
e cresciute in questa provincia, che sono emigrate all’estero e che hanno segnalato il
loro trasferimento all’Aire. Dal 2011 al 2017 si è verificato un aumento lento ma
continuo di cittadini della provincia di Ragusa che hanno lasciato il territorio ibleo
per andare a vivere fuori dai confini nazionali. Si è passati dalle 243 persone
registrate all’Aire nel 2011 ai 635 del 2017, con un picco di 711 persone nel 2016. In
sette anni un aumento pari a quasi tre volte il dato iniziale. Va anche sottolineato
come nello stesso periodo il flusso immigratorio di cittadini extracomunitari è
aumentato in modo esponenziale, ma questo dato al 31 dicembre 2017 era ancora di
poco inferiore a quello emigratorio.
“Va comunque precisato – dice Giorgio Stracquadanio, responsabile del Centro studi
– che i dati Aire presi in esame non sono esaustivi. Infatti, questi non considerano le
decine di persone che hanno lasciato questo territorio senza dare nessuna

comunicazione. Di queste non si conosce né il valore numerico effettivo, né la
destinazione”. Ma chi sono i cittadini che hanno lasciato la nostra provincia per
andare a vivere all’estero e perché lo hanno fatto?
La prima risposta arriva dai dati relativi al tasso di disoccupazione registrato nel
nostro territorio. Per l’Istat, nella nostra provincia, al 31 dicembre 2018, il tasso
complessivo di disoccupazione era pari al 18,7%. Mentre la disoccupazione giovanile
per la fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni era pari al 44,7%, invece per la fascia
di età tra i 18 e i 29 anni era del 34%. “E’ facile constatare – aggiunge Stracquadanio
– che anche nella nostra provincia esiste una grossa questione occupazionale: è
sicuramente minore rispetto a quella di altre aree della nostra regione, ma i numeri
non sono comunque rassicuranti. E’ chiaro perciò come una delle reazioni delle
nostre giovani generazioni a tale problema è diventata l’emigrazione. Il “Rapporto
migrazioni internazionali e interne della popolazione residente”, redatto annualmente
dall’Istat, ci fornisce dati ancora più precisi. L’area iblea presenta un’emigrazione che
“per fortuna” si posiziona ad un livello medio basso, con valori che vanno da 1,27 a
1,56 per ogni 1.000 abitanti. Sempre secondo l’Istat, fra i nostri emigrati sono
complessivamente prevalenti gli uomini (oltre il 50%), mentre fino ai 25 anni di età il
contingente di emigrati ed emigrate è ugualmente numeroso e presenta una
distribuzione per età perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni e fino alle
età anziane, invece, gli uomini iniziano a essere costantemente più numerosi delle
donne. L’età media degli emigrati è di 33/35 anni per gli uomini e di 30/32 per le
donne. Due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 50 anni”.
All’interno di questi intervalli di età si trovano i cosiddetti emigrati “qualificati”.
Stiamo parlando di persone laureate e/o specializzate, che nella nostra provincia sono
disoccupati o sottoccupati oppure fanno lavori per cui sono troppo qualificati.
Naturalmente, viste le condizioni, appena possono “scappano” per trovare circostanze
professionali e retribuzioni più consone e adeguate alla loro preparazione. Queste
condizioni, secondo i rapporti redatti dall’Istat e relativi agli anni 2015, 2016 e 2017,
si trovano quasi sempre in alcuni paesi del Nord Europa: Inghilterra e Germania su
tutti, ma diversi vanno anche a Malta. Giocano un ruolo di secondo piano la Svizzera,
la Danimarca, la Svezia e la Norvegia. Residuali sono gli Stati Uniti e l’Australia.

Oltre ai “giovani” laureati e specializzati in ogni campo, si ha una buona percentuale
di giovani tra i 18 e i 25 anni che emigra alla ricerca di fortuna. Esattamente come
accadeva nel Dopoguerra e negli anni Cinquanta. Camerieri, cuochi, commessi,
lavoratori nei servizi a basso valore aggiunto. Preferiscono essere precari a Berlino o
a Londra piuttosto che a Ragusa, Modica, Vittoria, ecc., proprio perché pagati
meglio.
“Ai dati dell’Istat – continua ancora il Centro studi – vogliamo affiancare anche dei
dati magari meno scientifici ma che, a nostro modo di vedere, raccontano il problema

emigrazione da un’altra angolazione. Esistono sui social (in particolare su Facebook)
decine di gruppi e sottogruppi di italiani all’estero: “Italiani in Germania”, “Italiani a
Londra”, “Italiani a Malta”, “Italiani in Svizzera”, “Italiani a Parigi”, “Italiani in
Australia”, ecc. Esistono anche gruppi di professionisti italiani che operano all’estero:
“Medici italiani in Germania”, “Architetti italiani a Manchester”, ecc. Osservando la
composizione di queste aggregazioni virtuali si scopre come la “comunità iblea” ha
un sua consistenza abbastanza ampia.
Un altro elemento di disaggregazione territoriale è dato dai trasferimenti di residenza
interni, cioè gli spostamenti da una provincia all’altra. Storicamente questa mobilità è
dovuta in larga parte al maggior dinamismo economico-produttivo delle aree del
Centro Nord rispetto a quello delle aree del Mezzogiorno. Le cifre ci dicono come la
nostra provincia non risulti per nulla attraente per i cittadini italiani appartenenti ad
una fascia di età che va dai 18 ai 24 anni. Anzi, come abbiamo visto
precedentemente, i ragusani appartenenti a questa fascia d’età sono orientati a
lasciare questa terra per stabilirsi temporaneamente o addirittura definitivamente in
alcune province del Centro Nord. In particolare le province più attrattive sono
Milano, Bologna, Venezia, Firenze, Roma. Queste sedi, oltre ad essere importanti
centri universitari, sono anche aree che presentano opportunità lavorative che il
territorio ibleo non offre. E’ invece interessante scoprire come l’area iblea sia
particolarmente apprezzata dagli “over 65”. Infatti, siamo tra le prime tre aree a
livello nazionale per tasso immigratorio relativo a questa fascia d’età. Questo dato è
probabilmente indicativo, fra l’altro, di due fenomeni: un’accettabile qualità della vita
soprattutto per le persone anziane; le tante persone che in giovane età sono emigrate
ritornano per trascorrere nei luoghi d’origine il loro periodo di quiescenza.
In conclusione, l’emigrazione di oggi è molto diversa da quella dei nostri nonni e dei
nostri padri: oggi si parte di meno perché spinti da situazioni di estrema povertà.
Necessità e aspettative sono cambiate. Spostarsi, viaggiare, è diventato più facile,
così come mantenere i contatti con chi resta; cercare occasioni per realizzare le
proprie aspettative e i propri sogni non è più impossibile e non implica più un
distacco definitivo dalle proprie radici. E’ necessario avviare al più presto processi
che portino le giovani generazioni ad auto-realizzarsi nel proprio territorio.

Ufficio stampa Giorgio

di Redazione24 Lug 2019 09:07
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