Manutenzione del fiume Irmino

A seguito delle alluvioni che hanno colpito la Sicilia durante l’inverno trascorso, con le loro conseguenze tragiche in termini di perdita di vite umane, la Regione Siciliana ha dato mandato agli uffici provinciali del Genio Civile di fare lavori di manutenzione degli alvei in vari fiumi dell’isola. Gli interventi hanno riguardato anche la provincia di Ragusa lungo la fiumara Modica-Scicli, l’Ippari e l’Irminio. Lungo il fiume Irminio nel tratto dei margi di Giarratana, la ditta incaricata dal Genio Civile ha eliminato la vegetazione delle rive per far defluire meglio l’acqua e ridurre il pericolo che in caso di alluvione venga inondata la strada statale 194 che corre a pochi metri dal fiume. La vegetazione era formata, come in gran parte dell’Irminio, da una foresta “a galleria” composta da pioppi, salici e dal raro platano orientale, albero che in Italia cresce solo lungo i fiumi della Sicilia orientale. Questa vegetazione rientra tra gli ultimi residui
di boschi naturali della nostra provincia, ormai ridotti a semplici relitti sopravvissuti miracolosamente in poche aree non coltivabili, e offrono rifugio a una fauna molto ricca di uccelli, anfibi e rettili. Inoltre, la vegetazione sulle sponde del fiume svolge due funzioni fondamentali: filtra gli inquinanti dell’acqua depurandola e protegge gli argini dall’erosione.
Nel caso dell’alto Irminio queste funzioni fanno sì che al lago di Santa Rosalia arrivi acqua con meno inquinanti e meno sedimenti. Dato che dal lago viene attinta l’acqua che alimenta l’altopiano di Modica, è facile intuire come il bosco fluviale porti benefici indiretti alla salute pubblica e rallenti il progressivo interrimento del lago di Santa Rosalia. Gli alberi dunque preservano sia la qualità che la quantità di acqua disponibile. Senza contare che l’erosione delle sponde fluviali spogliate di vegetazione può “mangiarsi” progressivamente i terreni circostanti, causando comunque rischi alla sicurezza delle infrastrutture.
Interventi così pesanti lasciano perplessi, per la logica emergenziale con cui vengono decisi e realizzati. Solo dopo che “ci è scappato il morto” (e purtroppo quest’anno sono stati tanti) gli enti pubblici si accorgono che esistono i rischi idrogeologici, e stravolgono l’ecosistema fluviale per ovviare alla mancata gestione dei bacini imbriferi ed alla piccola manutenzione che non si è fatta per decenni. Pensiamo che conciliare il rispetto dell’ambiente e la protezione della vita umana sia possibile con la programmazione e con un approccio che non riguardi solo l'alveo fluviale, ma la gestione del bacino imbrifero nel suo complesso,
come ad esempio suggerito dalla Carta Ittica provinciale, rimasta al momento in gran parte lettera morta.
Per quanto riguarda nello specifico gli alvei, interventi seri di riqualificazione e rinaturalizzazione
permetterebbero, ove strettamente necessario, ogni 4-5 anni di effettuare solo interventi di piccola
manutenzione, nelle aree più sensibili.
Anche i cittadini dovrebbero fare la loro parte, perché spesso non sono gli alberi a ostruire i fiumi, ma i rifiuti che persone incivili abbandonano lungo i corsi d’acqua.
La recente iniziativa con cui i comuni di Ragusa e Giarratana hanno rilanciato il “contratto di fiume”, strumento di pianificazione dei bacini fluviali già largamente sperimentato in Nord Italia, lascia ben sperare che finalmente ci sia un risveglio delle istituzioni sull’importanza di salvaguardare il nostro amato fiume.
Chiediamo dunque che la gestione dei nostri fiumi e dei bacini di cui fanno parte inizi subito a essere pianificata in modo attento, razionale e realmente partecipato, perché è l’unico modo per garantire nel tempo la disponibilità dell’acqua, la risorsa più preziosa per la nostra agricoltura e la nostra esistenza, salvando le vite umane e magari anche migliorando quel poco di natura che ancora ci circonda.

di Redazione16 Apr 2019 09:04
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