PALCHI DIVERSI 11^ Edizione: il 13 e 14 febbraio in scena con Finale di Partita

La fine del mondo arriverà quando l’idea stessa di Dio sarà sparita. Di oblio in oblio, l’uomo riuscirà ad abolire il proprio passato e ad abolire sé stesso.
Emil Cioran, Quaderni 1957-1972, 1997 (postumo)

Nel film Risvegli, tratto dall’omonimo libro di Oliver Sacks, c’è una scena bellissima nella quale una paziente affetta da encefalite letargica si ferma all’improvviso e non riesce ad andare avanti. Il medico allora intuisce che la donna segue il tracciato della “scacchiera” formata dalle mattonelle sul pavimento, la quale si interrompe proprio nel punto in cui ella resta immobile. Decide allora di far disegnare gli “scacchi” fino alla parete. Da quel momento la signora riesce a proseguire il suo percorso fino alla finestra e a guardare fuori.
Questa figura mi fa pensare a Clov, il coprotagonista di Finale di partita, che vuole fuggire ma non può. Lo stato di catatonia per me è la metafora della perdita, del vuoto, proprio come i personaggi di Finale, rinchiusi dentro una “crisalide d’aria” dalla quale non riescono a liberarsi; cristallizzati in un tempo che non c’è più.

T. W. Adorno, nel suo “Tentativo di capire Finale di partita”, dice che Hamm è una deformazione del nome Amleto, il personaggio shakespeariano che per antonomasia cerca il senso di tutte le cose, come se Beckett volesse utilizzare il suo antipodo, cioè colui che non è più alla ricerca di alcun senso (affascinante forzatura che irritò Beckett). L’interpretazione di questo capolavoro e della sua ambientazione (post-atomica? Post-umanità?) è sempre stata ambigua e mai definita dal drammaturgo irlandese. Certo è che i personaggi si ritrovano isolati in mezzo al niente. Così come i due vecchi protagonisti de “Le sedie”, il capolavoro di Ionesco (che abbiamo portato in scena due anni fa) – i quali si ritrovano anch’essi su un’isoletta (ma si capisce che fuori impera il nulla) – anche i personaggi di Finale di partita hanno avuto un passato da raccontare, ma non hanno più un futuro sul quale fare progetti. Rimane la ripetizione ossessiva dei giorni, uno uguale all’altro. Hamm non può alzarsi; Clov non può sedersi; i due anziani genitori non hanno gambe. C’è come in Aspettando Godot l’inutilità della reiterazione di domande e di risposte, ma qui l’autore sembra voler toglier ogni mezzo utile al movimento. Un lento, progressivo, angoscioso “rituale” verso l’immobilità, verso “L’ultimo nastro di Krapp”.

Mi trovo, così come successe con Le sedie, a misurarmi con giganti “microscopici”, con silenzi “assordanti”, con ombre “accecanti”, una specie di pre-universo che aspetta solo il suo big bang. Voler fare una regia di ciò è come voler essere un dio che mette “caos” nell’”ordine”: troppo impegnativo! Mi accontento di paragonarmi a quegli astronomi che scrutano il cosmo alla ricerca del confine estremo e riportano su grafici, più o meno decifrabili, le coordinate di un punto d’osservazione, di un’intuizione, di una cometa vista sfrecciare ma della quale non si percepiscono né il punto di provenienza né quello d’arrivo.

Il 13 e 14 febbraio Ore 21.00 – 18:00
Teatro Ideal / Piazza Libertà – Ragusa
Ing. €.10 (RIDOTTO studenti e ragazzi €.5)
FINALE DI PARTITA di Samuel Beckett.
Scena e Regia Vittorio Bonaccorso;
in scena Giuseppe Arezzi (Clov), Federica Bisegna (Nell), Vittorio Bonaccorso (Hamm), Giancarlo Iacono (Nagg);
collaborazione Lorenzo Pluchino; Luci Andrea Iozzia.

di Redazione29 Gen 2016 12:01
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