Identificato e fermato uno scafisti

Si calma il mare, riprendono gli sbarchi e la Polizia Giudiziaria esegue il fermo di CHANDOUL Akram nato in Tunisia il 10.04.1980 in quanto responsabile del delitto previsto dagli artt. 416 C.P. e 12 D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286, ovvero si associava con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità. Il delitto è aggravato dal fatto di aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perché è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.
L’arrestato ha condotto dalle coste libiche a quelle italiane un fatiscente peschereccio in legno carico di 456 migranti provenienti prevalentemente dall’Eritrea e qualcuno dall’Etiopia.

I FATTI

Alle ore 18.30 del 20.05.2014 la Nave “San Giorgio” della Marina Militare Italiana dichiarava evento S.A.R. avendo avvistato un’imbarcazione carica di clandestini extracomunitari. Nelle ore successive e dopo le operazioni di rito tese soprattutto alla salvaguardia della vita umana, la stessa unità militare provvedeva al trasbordo di tutti i clandestini su di essa, operazioni che si concludevano alle ore 23.47 successive. I migranti soccorsi risultavano n. 457, di cui 256 uomini, 114 donne e 87 minori, tutti di dichiarata nazionalità eritrea ad eccezione di uno che era tunisino. La nave SAN GIORGIO, alle ore 10,30 del giorno successivo, 21 decorso, agganciava in mare la nave “Luigi Dattilo” della Capitaneria di Porto, trasbordando su tale unità navale tutti i migranti. A conclusione delle relative operazioni la citata nave dirigeva verso il Porto di Pozzallo, ove ormeggiava alle ore 07.30 del 22 e dove tutti i clandestini venivano fatti sbarcare per essere allocati nei centri di prima accoglienza di Pozzallo e di Comiso-.

 

 

ORDINE PUBBLICO ED ASSISTENZA

Le operazioni di sbarco al porto di Pozzallo venivano coordinate dal Funzionario della Polizia di Stato della Questura di Ragusa responsabile dell’Ordine Pubblico, operazioni alle quali partecipavano 30 Agenti della Polizia di Stato, altri operatori delle Forze dell’Ordine, la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’A.S.P. per le prime cure.
Prima delle fasi di sbarco la Polizia Giudiziaria e la Polizia Scientifica unitamente ai medici della Sanità Marittima (che si occupano delle prime visite ed autorizzano da un punto di vista sanitario i soggetti che possono sbarcare) salivano a bordo al fine di iniziare a cercare elementi utili per le indagini.
Nelle more delle fasi di sbarco il Funzionario di Polizia responsabile dell’Ordine Pubblico si occupava di trasferire tutti gli ospiti del centro di Pozzallo al fine di poter accogliere quelli appena giunti. La macchina organizzativa della Questura è ormai rodata per certi ritmi, difatti contemporaneamente allo sbarco oltre 150 migranti partivano a bordo di un volo charter dall’Aeroporto di Comiso ed altri venivano trasferito nella struttura di Ragusa in contrada Cifali.
Gli extracomunitari appena sbarcati, una volta a terra venivano ospitati presso i locali del C.P.S.A. sito all’interno della succitata area portuale al fine di sottoporli alle difficoltose e delicate fasi di identificazione da parte di personale del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica della Questura di Ragusa, del Servizio Polizia Scientifica della Direzione Centrale Anticrimine di Roma e dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa.
Dopo il soccorso e l’assistenza sanitaria dei migranti, la Polizia di Stato iniziava le procedure di identificazione e di intervista insieme agli interpreti.

LE INDAGINI

Gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Ragusa ed il Servizio Centrale Operativo Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, collaborati da un’aliquota della Sez. Oper. Nav. della Guardia di Finanza di Pozzallo ed un’aliquota della Compagnia Carabinieri di Modica hanno iniziato le indagini sin dai primi istanti dell’approdo del pattugliatore “Dattilo” della Capitaneria di Porto.
Le indagini erano già iniziate a bordo della nave San Giorgio dal 14° Team della Polizia di Stato che aveva fotografato i sospettati da un elicottero in perlustrazione, permettendo così di individuare con certezza chi fosse alla conduzione del natante nelle fasi del soccorso.
I continui contatti con il personale della Capitaneria di Porto della Nave “Dattilo” hanno permesso di avviare le indagini sin dai primi istanti del loro approdo nel migliore dei modi in quanto il personale imbarcato ha fornito preziosi elementi per addivenire all’identità dello scafista.
L’uomo di origini tunisine quando ha visto la nave militare San Giorgio ha abbandonato il natante ordinando ad altri giovani eritrei di tenere il timone così da sviare le indagini e far arrestare degli innocenti.
Grazie alla costanza ed all’esperienza maturata sul campo dalla Polizia, è stato possibile appurare che l’unico responsabile del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina fosse il tunisino e che gli altri eritrei erano solo succubi degli ordini da lui impartiti.
Dalle indagini inoltre è emerso che l’odierno fermato, considerato che il viaggio è stato molto lungo perché le condizioni del mare erano terribili, per riposare ordinava sotto minaccia di condurre l’imbarcazione cosicchè lui potesse riposare.
Anche in questo caso i testimoni sono stati fondamentali, hanno raccontato di violenze durante la permanenza nei capannoni in Libia ed il modus operandi del viaggio da intraprendere per l’Italia.
Al termine delle indagini durante 18 ore gli investigatori hanno appurato che il tunisino e la sua organizzazione composta da cittadini libici hanno incassato per questo viaggio quasi un milione di dollari.
LE TESTIMONIANZE

I racconti dei migranti fondamentali per le indagini:
Ho vissuto ben sette anni in Sudan prima di trasferirmi, in data 10.04.2014, in Libia. Tale trasferimento è stato da me pagato ben 1.600 dollari USA perché fatto sempre clandestinamente.
Una volta oltrepassato il confine i camion ci hanno condotto tutti quanti in una piccola città e li siamo rimasti in un capannone. Successivamente sono partito dal Sudan alla Libia ed il viaggio ha avuto una durata di circa 13 giorni.
Elementi di un’organizzazione libica dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia hanno preteso da me e dagli altri miei compagni una somma di 300 dollari USA per essere trasferito a mezzo camion nella città di ******ed allocato all’interno di un altro capannone situato nella periferia della città. Ovviamente le mie richieste agli elementi dell’organizzazione libica erano quelle di raggiungere l’Italia ed unicamente tale territorio con uno dei barconi che sovente lasciano la costa nord-africana così come mi avevano riferito tanti miei connazionali che già hanno raggiunto l’Europa.
A quel punto i libici mi hanno chiesto quale corrispettivo per il viaggio un importo di 1.650 dollari USA, somma che ho pagato poco prima di lasciare il capannone e partire per l’Italia.
All’interno del capannone dove ho vissuto per ben 25 giorni in quanto ci dicevano che non avevano imbarcazioni disponibili ed il mare era troppo agitato, vigevano particolari situazioni di rigore imposte dai libici. Nei particolari non era permessa nessuna forma di libertà nel senso che nessuno di noi poteva uscire dal capannone. All’interno di esso era stata ricavata una grande stanza dove venivano allocate le donne ed i bambini. Gli ospiti, miei connazionali diventava sempre più numeroso con il passare dei giorni.
Il cibo che ci veniva distribuito dagli elementi libici era insufficiente, costituito solo da pane, succhi di frutta e formaggini.
I libici, che possedevano pistole e fucili mitragliatori, erano sgarbati nei nostri confronti e spesse volte passavano a vie di fatto picchiando chiunque non eseguiva alla lettera le disposizioni degli stessi. Sovente, durante le ore notturne, udivo provenire dall’esterno del capannone colpi di arma da fuoco.
Trasferiti sul mare a gruppi venivano portati su un’imbarcazione in legno fatiscente e non idonea a trasportare tutti noi ma i libici ci dicevano di stare zitti e che non sarebbe accaduto nulla, noi tutti comunque temevamo di morire così come tanti nostri connazionali nei giorni scorsi.
Tra l’altro, se in un primo tempo le condizioni del mare risultavano buone, nelle ore successive le stesse rappresentavano pericolo per tutti quanti noi in quanto le sue onde, particolarmente alte (circa 5 metri), creavano nocumento alla vita di tutti quanti noi, facendo sobbalzare in maniera impressionante l’imbarcazione. Lo scafista dimostrava particolare stanchezza tanto che ogni tanto ordinava a qualcuno di aiutarlo nel governo dell’imbarcazione.
Nonostante le citate condizioni metereologiche l’imbarcazione non ha accusato nessuna avaria e la stessa ha resistito all’impetuosità del mare.
Dopo circa 18 ore di viaggio vedevo il tunisino utilizzare il satellitare per chiedere, in un inglese elementare, soccorso in mare. La cosa non mi ha provocato grande impressione o particolari timori in quanto già prima della partenza o meglio poco dopo aver messo piede sull’imbarcazione ho sentito il tunisino parlare in arabo con uno dei libici e il dialogo verteva sulla circostanza che avrebbe visto il primo richiedere l’intervento di soccorso dopo aver raggiunto un determinato numero di ore di navigazione. Effettivamente, trascorso del tempo, nel pomeriggio del decorso giorno 20 vedevo un elicottero sorvolare più volte l’imbarcazione per poi allontanarsi.
LA CATTURA

Le indagini condotte dagli investigatori durate quasi 18 ore continuative, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto i responsabili del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di essersi associati con dei libici al momento ignoti.
Ogni migrante ha pagato circa 2.000 dollari per un totale di quasi 1.000.000 di dollari che sono andati quasi tutti agli organizzatori ed una piccola parte (in questo caso non è stato accertato) allo scafista.
Al termine dell’Attività di Polizia Giudiziaria coordinata dalla Squadra Mobile di Ragusa l’arrestato è stato condotto presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea anch’essa impegnata sul fronte immigrazione costantemente.
In corso complesse indagini con i gruppi di investigatori presenti in territorio estero sugli altri componenti dell’associazione a delinquere di cui il fermato fa parte.

LA GESTIONE DELL’ORDINE PUBBLICO

La Polizia di Stato responsabile dell’Ordine Pubblico così come delle indagini in materia di criminalità straniera, sta gestendo la “macchina” organizzativa con grande dedizione permettendo un fluido arrivo e contestuale partenza verso altre mete dei migranti a bordo dei charter messi a disposizione del Ministero dell’Interno così come accadrà nella data di oggi.
Gli uomini e le donne della Polizia di Stato stanno dando grande esempio di professionalità e spirito di abnegazione.
L’Ufficio Ordine Pubblico per disposizioni del Questore di Ragusa Giuseppe Gammino sta organizzando partenze via charter per far partire tutti i migranti in altri centri del nord Italia.

di Redazione23 Mag 2014 10:05
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