E’ soprattutto una questione di stile.

L’altra sera, al Consiglio comunale di Ragusa, si è tenuto uno spettacolo che definire sconveniente è riduttivo. Ma non è quel singolo caso a spingere sulla necessità della riflessione che intendiamo fare. E’ un insieme di episodi, alcuni anche “antichi” e distanti su un piano di memoria politica, che impone di commentare – con buona pace di chi vorrebbe il silenzio di noi osservatori – che la civiltà è sempre più privilegio di pochi.

Una volta, rappresentare nelle istituzioni la cittadinanza, essere mandati tramite il voto a sedere nelle aule di governo, partecipare ai processi decisionali che incidono sul quotidiano di una comunità, era qualcosa che il politico (ma anche chi di “politico” non aveva proprio nulla) sentiva come impegno abbastanza “alto” da comportarsi, almeno in quelle occasioni, con un livello di educazione ben lontano da quello cui siamo ormai abituati.

E’ legge della fisica, ma la si applica naturalmente ai rapporti umani, che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. A meno che non ci si trovi in Consiglio comunale o in una qualsiasi altra assemblea pubblica ripresa dalle telecamere. In quei luoghi è possibile assistere ad un attacco di natura politica nei confronti dell’esponente di un partito che, a sua volta, si difende provocando quindi la replica dell’avversario in un ciclo più o meno infinito fino a quando a qualcuno non saltano i nervi e si esagera. Oppure, altro caso che fa storcere il naso, nella foga di un intervento, magari per festeggiare un successo, si strafa!

Ve lo ricordate Nino Strano? Quel senatore che a fine gennaio 2008, per festeggiare la caduta dell’allora Governo Prodi, stappò una bottiglia di spumante mangiando mortadella nell’aula di Palazzo Madama proprio mentre il presidente Marini stava svolgendo un suo intervento? Ecco, è l’episodio che ci è venuto in mente quando giovedì sera il consigliere Zaara Federico (M5S) urlava durante l’intervento del consigliere Giuseppe Lo Destro (lista Ragusa Domani) a tal punto da costringere il presidente del Consiglio a sospendere i lavori.

Ve lo abbiamo raccontato qui: i due hanno litigato perché il consigliere di opposizione nel ragionamento che stava portando avanti ha tirato in ballo il marito del consigliere pentastellato. Citazione più che legittima considerando che si tratta di un personaggio pubblico della nostra città che più volte è intervenuto nei dibattiti su temi importanti, svolgendo un ruolo di peso per una influente associazione di categoria.

Che bisogno c’era, ci siamo chiesti in redazione, di reagire in quella maniera? Non sarebbe stato più proficuo, oltre che decisamente più educato, attendere che il primo finisse l’intervento per poi rispondere per le rime se fosse stato il caso? Sta nell’ordine del confronto politico, soprattutto nelle occasioni di scontro nelle aule elettive, e definisce l’abilità di chi vi partecipa riuscire o meno a toccare i nervi scoperti dell’avversario oppure saper mantenere la calma in attesa di poter dire la propria.

Certo i due casi, quello veramente incivile del sen. Strano e quello di cui vi abbiamo già raccontato, hanno poco di simile però siamo convinti che esista un comune denominatore: saranno forse le telecamere e la voglia di apparire oppure semplicemente la forza del branco che spinse uno a mangiare la mortadella e l’altra ad alzare la voce. Ma di una cosa siamo veramente certi: non si fa.

Vale per quell’episodio del 2008 al Senato come per le botte tra consiglieri (vere o presunte) in un Municipio della capitale qualche mese fa, per le urla dell’altro ieri al Consiglio comunale di Ragusa o qualunque caso anche vagamente analogo a questo.

Non solo per il rispetto che si deve portare all’aula ed al ruolo che lì si ricopre, ma per l’obbligo morale nei confronti dei cittadini che hanno eletto i propri rappresentanti. Anzi, per l’idea di “elezione” in generale. Secondo noi si dovrebbe ricominciare da lì.

Capiamo, comunque, che nell’era dei “vaffa” in piazza, della voce grossa, del consenso sui social e chi più ne ha più ne metta, l’inesperienza possa far inciampare qualcuno.
Suggeriamo un po’ a tutti di seguire il famoso consiglio del contare fino a dieci prima di reagire. Perché è anche una questione di stile.

di Leandro Papa18 Gen 2014 20:01
Pubblicità

Privacy Preference Center